Junker, cos’è e come nasce l’app che ha permesso ai cittadini di Settebagni di avere indietro la Tari
Si chiama Junker l’app che ha permesso a 40 cittadini di Settebagni, un quartiere di Roma Nord, nel Municipio Roma III, di vedersi riconosciuto il diritto al rimborso dell’80 per cento della Tari pagata nel biennio 2017-2018, come anticipato dal Messaggero. La Corte di Giustizia Tributaria di II Grado del Lazio ha rigettato l’appello del Comune della Capitale che impugnava la precedente Commissione Tributaria del 2020. Una battaglia dei residenti iniziata quasi 5 anni fa e che solo ora è arrivata alla vittoria definitiva: il Comune pagherà 20mila euro. Il Campidoglio aveva addossato la responsabilità ai cittadini dichiarando che sarebbero stati gli stessi comportamenti degli utenti a determinare ritardi e disservizi nella raccolta. Ma a determinare la vittoria dei cittadini è stata soprattutto l’utilizzo dell’app Junker che «fotografava i disservizi, archiviando le immagini geolocalizzate in un server certificato Iso».
Cos’è il certificato ISO
Le informazioni rilevate dall’applicazione sono state accettate come prova nel processo. Questo perché il server è certificato Iso, ovvero possiede uno standard che garantisce il rispetto di determinati requisiti di qualità e sicurezza. Tra le informazioni certificate ci sono le date, gli orari, i luoghi e la sicurezza, tutti elementi che hanno permesso ai residenti di Settebagni di utilizzare l’archivio dell’app come prova dei disservizi. Il database, carico delle immagini catturate dai cittadini, ha assunto quindi valore probatorio.
Come nasce e come funziona l’app
La cosa singolare è che l’app Junker è nata nel 2017 proprio con il patrocinio del Municipio Roma III, lo stesso a cui appartiene Settebagni. L’iniziativa, ideata per aiutare i cittadini a fare la raccolta differenziata, venne poi potenziata per inviare segnalazioni su eventuali rifiuti abbandonati, raccolte deficitarie o cassonetti rotti. L’applicazione permette di scattare una foto che viene geolocalizzata in automatico. E quanto rilevato viene poi inviato via mail ai referenti del Comune e ad Ama. L’app era partita per aiutare le persone a riconoscere i contenitori in cui vanno i rifiuti che devono buttare, grazie alla scansione del codice a barre. Il prodotto, una volta scansionato, viene scomposto nelle materie prime che lo compongono e l’app indica in quali contenitori vanno le diverse parti. L’indicazione dei rifiuti cambia a seconda del comune che inserisci e offre informazioni relative al modello di raccolta differenziata che vige in una determinata zona. Nel caso in cui un prodotto non venga riconosciuto, basta fotografarlo e inviarlo a Junker che in poco tempo fornisce le informazioni utili. Probabilmente chi pensò al progetto, nel 2017, non si aspettava certo che proprio questa app sarebbe stata usata contro l’amministrazione capitolina per richiamarla ai suoi doveri. Ma le vie della tecnologia sono infinite.
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