Sari Enterprise: come funziona il software che ha permesso l’identificazione dell’aggressore di Termini
Si chiama Sari Enterprise il software per il riconoscimento dei volti della polizia che ha permesso la rapida identificazione di Aleksander Mateusz Chomiak. Per cercare e trovare qualcuno nel suo database da 10 milioni di volti ci mette meno di un minuto. E nel caso in specie c’è voluta anche un po’ di fortuna. Il cittadino polacco è infatti accusato dell’aggressione nei confronti di Abigail Dresner alla Stazione Termini. Ma quattro giorni prima, il 27 gennaio, Chomiak si era comunque fatto notare in qualche modo. Era entrato in un bar di via Marmorata, aveva chiesto un panino ed era scappato al momento di pagare. Il gestore e gli agenti del commissariato Celio lo avevano fermato. Poi era stato portato in Questura. E lì gli agenti gli avevano preso le impronte digitali e lo avevano sottoposto a fotosegnalazione.
La fotosegnalazione di Chomiak
Questo ha facilitato il lavoro di Sari. I dati di Chomiak, racconta oggi Repubblica, sono finiti immediatamente nell’Afis, il grande database in uso alle forze di polizia. Quello che contiene 10 milioni di identità (e 17 milioni di foto) che appartengono soltanto a chi è stato indagato, a chi viene fermato e non è in grado di provare la propria identità. Ovvero per esempio ai migranti irregolari rintracciati sul territorio. Con la fotografia di Chomiak scattata dopo il tentato furto nelle ore successive all’aggressione di Capodanno i poliziotti sono risaliti subito a lui. Anche se hanno dovuto prima fare una cernita, visto che il cervellone ne aveva individuati anche altri in base alla somiglianza. Il software funziona così: a ogni candidato l’algoritmo assegna una percentuale di somiglianza. La compatibilità va dallo 0 al 100%, ma anche con una percentuale di 95 è possibile sbagliare persona. Per questo bisogna valutare gli altri elementi fisici e la loro compatibilità: età, altezza, peso, colore dei capelli e degli occhi (quando possibile). Ma anche i vestiti indossati e la vicinanza con il luogo in cui è avvenuto il fatto sotto investigazione. Nel caso di Chomiak gli elementi sono stati definiti fin da subito molto chiari. E il cittadino polacco è stato riconosciuto anche dal personale del commissariato Celio.
Dopo l’identificazione
Dopo l’identificazione – che ha permesso di dare un nome al volto che si vedeva nei video – è partita la parte “umana” del lavoro. Nel senso che il Garante della Privacy in Italia ha vietato il real time, ovvero il sistema di intelligenza artificiale applicata alle telecamere di sorveglianza. Ovvero quello che permette di confrontare i profili registrati nel database con i volti delle persone inquadrate. Per risolvere il problema ci sono voluti Nicoletta Piccoli e Filippo Consoli. Ovvero i due carabinieri che hanno riconosciuto Chomiak su un treno per Brescia. E che lo hanno catturato e consegnato alla polizia.
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