Poveri, sfollati, veterani di guerra. La missione (im)possibile di risollevare l’Ucraina nel 2023
Che anno sarà, il 2023, per l’Ucraina? A poco più di un mese dal primo anniversario dell’inizio dell’invasione russa, nessuno è davvero in grado di fare previsioni. Nonostante gli sforzi diplomatici, in ordine sparso, di Turchia, Israele, Onu, e a fari spenti degli stessi Stati Uniti, non ci sono al momento seri indizi di negoziati in vista tra Mosca e Kiev. Con l’Ucraina determinata a riconquistare quanti più territori possibili grazie alla straordinaria motivazione e al sostegno militare occidentale, e con Vladimir Putin altrettanto determinato a evitare con ogni mezzo di uscire sconfitto dal conflitto, la guerra continua. E nessuno è in grado di dire come e per quanto. Ma comunque vada, preservato il funzionamento delle sue istituzioni chiave, l’Ucraina ha bisogno nell’anno che si apre di “razionalizzare” i suoi sforzi. Gli aiuti internazionali – sia militari che finanziari – continuano a fluire generosamente: ma vanno inquadrati e canalizzati al meglio, per affrontare al meglio le sfide nuove di un’economia di guerra, oggi, per porre le basi di una ricostruzione sana, domani, e per liberare il Paese dalla dipendenza dagli aiuti esterni, dopodomani. Una sfida difficilissima cui lavorano alacremente in queste settimane il ministero delle Finanze e la Banca centrale ucraina. Ecco in sintesi come progettano di farlo.
Al tappeto
Dopo oltre 300 giorni di guerra, l’Ucraina è un Paese ferito e lacerato, in alcune zone devastato – con intere città, specie nel Sud e nell’Est, desertificate, una popolazione in preda a gravi difficoltà e fondamentali economici traballanti. Le persone, innanzitutto. Secondo la missione di monitoraggio Onu nel Paese, dall’inizio del conflitto sono quasi 7mila i civili ucraini uccisi, oltre 11mila quelli rimasti feriti. Si contano invece nell’ordine dei milioni coloro che hanno scelto o sono stati costretti ad abbandonare le loro case – in quella che le organizzazioni internazionali valutano come il più grande sfollamento di massa dalla Seconda guerra mondiale. L’Onu stima in 7,8 milioni il numero di ucraini rifugiati in Europa (a ottobre 2022) e in 6,5 milioni quelli sfollati all’interno del Paese (novembre). Si calcola nel complesso che più della metà dei bambini ucraini siano stati costretti a lasciare le loro case dallo scoppio della guerra. Per chi è rimasto nel Paese e non è chiamato al fronte, la vita è durissima. Secondo l’ufficio Onu per il coordinamento degli aiuti umanitari, su una popolazione pre-guerra di circa 43 milioni, fino a 16 milioni di persone hanno bisogno di acqua e assistenza igienica; 14,5 milioni di assistenza sanitaria; 11,2 milioni di luoghi di protezione o oggetti indispensabili; 9,3 milioni di cibo o altri beni essenziali. Nel complesso, un ucraino su quattro vive sotto la soglia di povertà definita dalla Banca Mondiale (meno di 6,85 dollari al giorno). E secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro potrebbero essere 2,4 milioni i posti di lavoro persi nel 2022. Incalcolabili, al momento, sono poi i danni alle infrastrutture, dopo mesi di bombardamenti battenti delle forze russe. Un rapporto della Kiev School of Economics dello scorso settembre – prima del salto di qualità nella campagna di bombardamenti su infrastrutture critiche come le centrali elettriche – stimava in 127 miliardi di dollari il valore dei danni fisici diretti.
Salvagente internazionale
In questo quadro, e con le risorse nazionali umane e finanziarie calamitate dallo sforzo bellico, l’economia del Paese arranca. Il Pil ha registrato nel 2022 una caduta del 35%, e il rimbalzo nel 2023 si preannuncia modesto. L’inflazione è schizzata fino al 30%, e difficilmente scenderà di molto nei prossimi mesi – secondo le previsioni del governo stesso – stanti in primis i gravi problemi di trasporto e logistica. In queste condizioni, l’Ucraina ha bisogno vitale di aiuti esterni per mantenere in funzione la propria economia. Un sostegno che non è mancato, e che non accenna a ridursi. Nell’anno appena concluso, i Paesi del G7 hanno fornito nell’insieme a Kiev 32,7 miliardi di dollari di aiuti finanziari (senza contare quelli militari e umanitari), cui se ne devono aggiungere altri 6,7 inviati a governo e imprese pubbliche e private del Paese da organismi internazionali d’investimento come la Banca europea degli investimenti, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e la International Finance Corporation. Un sostegno massiccio che ha consentito all’economia ucraina, dopo le prime drammatiche settimane, di rimanere a galla. E che per il 2023 arriverà con ogni probabilità in dimensioni del tutto simili. Le stime dell’Fmi vedono un fabbisogno di aiuti per quest’anno, a seconda degli scenari, tra i 39 e i 49 miliardi di dollari. Ma con la speranza di mettersi presto alle spalle la fase di emergenza militare, Kiev ha bisogno di razionalizzare le spese e porre le basi dell’economia del dopoguerra. E lo stesso auspicio filtra d’altra parte dai donors che sostengono l’Ucraina. Ecco perché le istituzioni finanziarie del Paese – ministero delle Finanze e Banca centrale – sono al lavoro in queste settimane per mettere a punto, d’intesa con l’Fmi, la strategia di progressiva “normalizzazione” del sistema economico. Il quadro è quello del programma di sostegno temporaneo chiesto dall’Ucraina al Fondo, che prevede una stretta collaborazione tra le autorità di Kiev e lo staff di Washington.
Piano di rientro
Le prime scelte dolorose, come riporta lo stesso governo di Kiev nelle sue recenti comunicazioni con l’Fmi, sono state compiute già a dicembre, con il varo del budget annuale per il 2023 (la “manovra”, diremmo in Italia). Per concentrare le risorse sulle sforzo militare, il governo ha scelto di tagliare la spesa corrente del 22%, concentrando il sacrificio sulla spesa per i salari dei dipendenti pubblici – tagliati nel complesso del 27%. Anche alle prestazioni sociali è stato posto un tetto, mentre sono state risparmiate dai tagli le pensioni, che restano indicizzate per il 50% al tasso d’inflazione. Ma sul piano del welfare, altre scelte complicate s’intravedono all’orizzonte. La guerra, evidenzia l’Ucraina nella sua ultima lettera all’Fmi, ha fatto emergere nuovi gruppi vulnerabili di popolazione (come gli sfollati interni e i veterani di guerra) che necessitano di sostegno pubblico continuo, che Kiev intende continuare a fornire a livelli costanti. Obiettivo sacrosanto, ma l’Fmi ha invitato il governo a inserire tale sostegno nel quadro di un piano complessivo di welfare pubblico tale da fornire assistenza sociale “mirata, adeguata ed efficiente”. Il relativo concept note è atteso per la fine di gennaio. Lo stesso documento, chiamato Structural Benchmark, dovrà mettere a sistema le misure che Kiev intende prendere per ricostituire un adeguato gettito fiscale dopo la sospensione di molte imposte a persone fisiche e giuridiche. L’Fmi chiede a Kiev di muoversi in questa direzione per «ripristinare una cultura del pagamento delle imposte ed evitare un indovuto assottigliamento della base fiscale». Diverse misure – dalla cancellazione delle moratorie sui pagamenti alla riattivazione delle sanzioni per i negozi privi di registri di cassa – sono già allo studio del governo; altre dovranno arrivare. Quanto alla gestione dell’enorme mole di liquidità iniettata nel Paese dagli aiuti internazionali, l’Fmi non nasconde di attendersi per la “fase 2” del nuovo anno che il governo investa in maniera crescente nell’emissione di titoli di Stato, così da eliminare, idealmente già entro marzo, la dipendenza dal finanziamento diretto monetario che rischia di surriscaldare ulteriormente i prezzi portando il Paese all’iperinflazione.
Patti chiari, amicizia lunga
Ad un Paese travolto dai bombardamenti quotidiani sarebbe impossibile porre condizioni stringenti in cambio dei finanziamenti. Ma ciò non toglie, in ultimo, che i donatori internazionali si aspettino che Kiev non si discosti dall’iter seguito negli ultimi anni per rafforzare la solidità e affidabilità della sua governance. Ciò significa principalmente la capacità di raccogliere e trasmettere in maniera trasparente un’ampia gamma di dati necessari ad elaborare le politiche pubbliche; il mantenimento e rafforzamento dell’indipendenza degli organismi di lotta alla corruzione costituiti negli ultimi anni; la sana conduzione delle imprese controllate dallo Stato, a cominciare dai “giganti” Energoatom e Naftogaz. Su tutti questi punti, Zelensky e colleghi hanno dato ampie assicurazioni all’Fmi e agli altri partner internazionali. Se il dialogo continuerà fruttuoso e le misure troveranno l’equilibrio giusto tra solidarietà sociale, riavvio dei circuiti economici ed efficienza, il flusso di finanziamenti dall’estero continuerà a fluire, nutrendo un’economia che tutti sperano passi presto da una di guerra a una post-bellica, capace in futuro di tornare a camminare sulle proprie gambe.
Foto: EPA/SERGEI ILNITSKY