Armi all’Ucraina, la frenata di Tajani: «Nessuna nuova richiesta dagli Usa». I timori della Difesa per la protezione dei cieli italiani
L’Italia è e resta al fianco dell’Ucraina: la linea del governo-Meloni, in continuità con quella del precedente esecutivo-Draghi, non cambia. Ma i tempi non sono maturi, per ora, per l’invio di nuovi rifornimenti militari a Kiev. E’ il senso di quanto detto questa mattina dal ministro degli Esteri Antonio Tajani in un’intervista al Corriere della Sera. «Il sesto pacchetto di difesa è ancora da perfezionare, e come previsto non ci sarà alcun invio prima di un’informazione al Parlamento», ha assicurato Tajani, che ha poi smentito che nei giorni scorsi siano arrivate nuove richieste di armi italiane dagli Usa. «I colloqui con Washington sono costanti e normali, noi siamo un interlocutore importante, ma non si è parlato di armi», sostiene il ministro con riferimento alla telefonata partita l’altro ieri dal Consigliere per la sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan e diretta a Palazzo Chigi. I contatti per possibili nuove forniture militari, di concerto con altri partner, sono senz’altro in corso, comunque, come conferma ancora Tajani: «Stiamo discutendo anche con i francesi per perfezionare dal punto di vista tecnico l’invio di sistemi di difesa aerea che si basano su tecnologie congiunte fra Roma e Parigi».
I tempi tuttavia non sarebbero considerati maturi, per una ragione assai concreta – secondo quanto ricostruisce Repubblica: inviare a Kiev sistemi avanzati di difesa anti-aerea, i cosiddetti Samp-T, significa privarsene per la difesa nazionale. E non è affatto scontato che tale scelta possa essere presa a cuor leggero. L’Italia ha infatti soltanto cinque di quelle preziose batterie, in grado di creare un formidabile schermo contro aerei o droni sopra una metropoli. E stante il “pensionamento” di tutti gli altri sistemi terra-aria, quei cinque sistemi sono di fatti l’unico scudo per i cieli su cui può contare l’Italia. E i tempi per rimpiazzarli, se dovessero ceduti, sono considerati dagli esperti del settore militare molto lunghi. «I razzi non li trovi certo al supermercato come i barattoli di Nutella: sono sistemi complessi per i quali sono necessari tempi lunghi di produzione», aveva confermato lo stesso ministro della Difesa Guido Crosetto giorni fa.
Una batteria Samp-T, si stima, non potrebbero essere rimpiazzata prima del 2030. Costo stimato: quasi 700 milioni di euro. Interrogativi simili, fatte le dovute proporzioni di arsenale bellico, cominciano ad affiorare – come riporta ancora Repubblica – anche in altre grandi capitali occidentali, da Londra a Washington. Sostegno all’Ucraina senza se e senza ma dunque, ma i tempi e le forme delle forniture militari richiedono molte e accurate valutazioni che attengono alla difesa nazionale di ciascun Paese partner.
Leggi anche:
- Dagli Usa missili Patriot per Kiev, Biden verso l’annuncio: cosa può cambiare nella guerra
- Aiuti Ucraina, marcia indietro di Crosetto: «Se decideremo sesto pacchetto, i documenti rimarranno secretati»
- Sostegno Ue all’Ucraina, nel fondo per la pace europeo altri 2 miliardi per «aiuti militari»
- Il governo conferma l’invio di armi all’Ucraina nel 2023. Stanziati altri 10 milioni per l’emergenza a Ischia
- Giorgia Meloni come Draghi: cosa ci sarà nel nuovo decreto sulle armi all’Ucraina