Dopo le scuole di New York, ChatGPT vietata anche nelle università australiane: «A rischio apprendimento e veridicità delle prove»
Dopo lo Stato di New York, anche l’Australia sta mettendo in atto una stretta su ChatGPT, il bot di intelligenza artificiale che comprende e scrive testi a livelli quasi umani. Le otto università più importanti del Paese (riunite in un gruppo chiamato Go8), infatti, hanno stabilito che gli esami potranno essere sostenuti solo scrivendo con carta e penna. La decisione arriva in risposta alla sempre maggiore preoccupazione che il software desta nei docenti, che temono che gli studenti usino le straordinarie capacità elaborazione delle informazioni e scrittura del bot per svolgere le prove d’esame. Per lo stesso motivo, in tutte le scuole dello Stato di New York è stato bloccato l’accesso al servizio. «A causa delle preoccupazioni per l’impatto negativo sull’apprendimento degli studenti e per la sicurezza e l’accuratezza dei contenuti», ha spiegato Jenna Lyle, portavoce del Dipartimento dell’educazione di New York, motivando la decisione.
Come se la cava ChatGPT negli esami?
E si tratta di timori fondati, come dimostra il caso del professor Darren Hudson Dick. Il docente della Furman University della Carolina del Sud, infatti, correggendo gli esami ha scoperto che una sua studentessa aveva usato il bot per scrivere un saggio sul filosofo scozzese David Hume. Non solo, il professor Paul Taylor, docente di informatica medica della University of Central London ha sottoposto a ChatGPT una domanda d’esame. La risposta? «Coerente, completa, e dritta al punto, cosa che spesso agli studenti non riesce», ha dichiarato il professore. Lo stesso, però, non si può dire del saggio su Hume, che Dick ha definito «profondamente erroneo» anche se era scritto in maniera «avvincente e grammaticalmente corretta». A tradire l’intelligenza artificiale e certificare al professore che a svolgere l’esame non era stato un essere umano è stato un software della stessa compagnia – OpenAI – che ha sviluppato ChatGPT. Lo strumento usato da Dick, infatti, è in grado di individuare con precisione quali testi sono stati scritti dal bot, in modo da aiutare a distinguerli da quelli prodotti dagli esseri umani. Per la stessa ragione, la software house potrebbe aggiungere un watermark al testo prodotto dall’AI.
Motori di ricerca e Microsoft Word nel futuro di ChatGPT
Il tutto avviene mentre Microsoft sembra interessata a integrare ChatGPT nel proprio pacchetto Office. Nello specifico nell’editor di testo Word. L’obiettivo? Aiutare gli utenti nella scrittura. Le email, che potrebbero essere abbozzate dall’AI prima che l’utente ci metta mano. Lo stesso potrebbe accadere ad articoli e appunti, e virtualmente ogni tipo di testo. Non solo, potrebbe suggerire sinonimi adatti al contesto d’uso e sintetizzare le informazioni presenti in più documenti che gli vengono sottoposti. Ancora più clamore è nato intorno all’idea, di cui la stampa specializzata sta scrivendo con insistenza, che la società di Bill Gates possa investire 10 miliardi di dollari nell’acquisto di una quota significativa di OpenAI, valutata 29 miliardi. Con la mossa, sembra che Microsoft punti a migliorare il proprio motore di ricerca, Bing, la cui quota di mercato, al momento non supera di molto il 3%, contro il 92% del principale rivale: Google. Insomma, parrebbe che, nonostante i divieti imposti, la penetrazione di ChatGPT nella vita quotidiana delle persone, e quella degli studenti in particolare, non sia destinata a fermarsi a breve. Almeno, questa è l’opinione del professor Toby Walsh, docente di intelligenza artificiale all’Università del Nuovo Galles del Sud, che ha definito la battaglia australiana «una corsa agli armamenti che le università non vinceranno mai».
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