Indossare la maglietta con la scritta «Auschwitzland» non costituisce reato: assolta Selene Ticchi
Indossare una maglietta con la scritta “Auschwitzland” non costituisce reato. Questa la decisione del tribunale di Forlì che ha così assolto Selene Ticchi, originaria di Budrio, ex militante di Forza Nuova e ora nel Movimento nazionale rete dei patrioti. Lo scorso 28 ottobre 2018 Ticchi indossò la maglia con la scritta “Auschwitzland“: nella grafica, poco più sopra della parola, il profilo del campo di concentramento che prendeva il posto dell’iconico castello del parco divertimento di Parigi. La militante aveva deciso di indossarla in occasione del raduno di Predappio, finendo sotto processo per violazione della legge Mancino. E cioè l’atto legislativo datato 1993 che sanziona e condanna frasi, gesti, azioni e slogan aventi per scopo l’incitamento all’odio, l’incitamento alla violenza, la discriminazione e la violenza per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. Ma il tribunale di Forlì ha deciso ora per l’assoluzione di Selene Ticchi in quanto, secondo i giudici, il fatto non costituisce reato. La Procura per la militante aveva chiesto una condanna a nove mesi e 600 euro di multa. «Siamo felici e soddisfatti», ha commentato la stessa Ticchi, difesa dal marito, l’avvocato Daniele D’Urso. La sua linea difensiva è stata che la maglietta era una protesta «contro chi lucra su luoghi dove sono avvenute tragedie, non solo Auschwitz». Le motivazioni dei giudici che l’hanno assolta invece arriveranno tra due settimane, e a quel punto i pm, guidati dal procuratore Maria Teresa Cameli, decideranno se impugnare la sentenza.
«Un brutto segnale per il Paese»
All’epoca il procuratore parlò di un «fatto molto grave, che non può essere giustificato come una leggerezza o un eccesso di goliardia». E ancora: «I fatti della seconda guerra mondiale, e in particolare dello sterminio degli ebrei, grondano sangue e debbono sempre e solo suscitare rispetto e commozione». E ora la pronuncia di assoluzione attira non poche polemiche: «Sinceramente non so cosa ci poteva essere di più evidente rispetto alla violazione della normativa vigente», commenta l’ex sindaco di Marzabotto e deputato del Pd, Andrea De Maria. «Un brutto segnale per il Paese e per i valori democratici. A maggior ragione mi sento impegnato a promuovere la proposta di legge, sottoscritta con altri colleghi alla Camera ed al Senato e condivisa con l’Anpi, per rendere più efficace il contrasto alla apologia del fascismo e del nazismo». Proprio l’associazione dei partigiani si era costituita parte civile nell’esposto che fece partire la stessa inchiesta su Tecchi. «Non commento le sentenze», ha dichiarato anche il presidente dell’Anpi Forlì Gianfranco Miro Gori, «resto dell’idea però che quella è una maglietta da non portare. Assolutamente».