Il Pd presenta una legge per consentire il voto a studenti e lavoratori fuori sede: «Garantiamo un diritto costituzionale»
Per motivi di studio, di lavoro o di cura, a ogni tornata elettorale, circa 5 milioni di cittadini non possono esercitare il diritto di voto. Ogni volta, a ridosso delle elezioni, il problema riemerge per qualche giorno, se ne discute sui giornali e poi scompare. Nei programmi presentati dalle forze politiche per le elezioni del 25 settembre, quasi tutti i partiti si sono impegnati ad affrontare la questione, spargendo promesse ai comitati degli studenti fuori sede. È però il Partito democratico la prima forza politica a presentare, in questa legislatura, una proposta di legge in tal senso. Due testi uguali, depositati contestualmente alla Camera, con prima firmataria Marianna Madia, e al Senato, con primo firmatario Andrea Giorgis. In una conferenza stampa alla quale hanno partecipato anche i rappresentanti del comitato Voto dove vivo, il senatore Giorgis ha ripetuto che si tratta di un testo semplice, che «muove da un’idea semplicissima».
Ha spiegato: «Nella Costituzione è scritto che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono l’esercizio dei diritti fondamentali e, nello specifico, l’effettivo concorrere all’indirizzo politico». E la proposta di legge vuole rendere possibile il diritto di voto a chi per ragioni di studio, di lavoro o di malattia, non si trova nel luogo presso il quale dovrebbe esercitare tale diritto. Chiara Gribaudo, anche lei presente alla conferenza stampa, ha aggiunto: «Il collettivo Voto dove vivo ha dimostrato che c’era una esigenza forte. Già nella scorsa legislatura avevamo cercato di intervenire con un fronte largo, eravamo a un passo dalla soluzione ma poi non è stato possibile. Si tratta di 5 milioni di persone che devono avere cittadinanza, è il 12% circa dell’elettorato. Per questo abbiamo chiesto che la proposta di legge venga calendarizzata già da febbraio».
Lo strumento individuato dalla proposta è quello del cosiddetto voto anticipato presidiato. «È un sistema che rispetta i canoni di personalità e segretezza del voto», hanno dichiarato dal comitato Voto dove vivo. Il voto anticipato presidiato, diverso dal voto per corrispondenza, parte da un presupposto: il voto di un cittadino, che si trova domiciliato presso un comune diverso da quello della residenza anagrafica, deve essere contato nella sezione della circoscrizione elettorale dove il cittadino è comunque iscritto. Così, dopo una richiesta tramite Spid, l’elettore fuori sede avrà la possibilità di votare anticipatamente in un luogo adibito dal Comune dove è domiciliato temporaneamente.
Dopo aver espresso la preferenza sulla stessa tipologia di scheda che gli altri elettori troveranno qualche giorno dopo, la scheda del fuori sede verrà spedita al seggio del Comune di residenza e sarà conteggiata insieme alle altre schede. La proposta di legge, all’articolo 1, prevede che «coloro che, per motivi di studio, di lavoro o di cura, hanno temporaneamente domicilio in un comune situato in una regione diversa da quella in cui si trova il Comune nelle cui liste elettorali risultano iscritti, possono esercitare il diritto di voto nel comune in cui sono domiciliati». Quindi, si legge nel testo, «gli elettori che intendono avvalersi della possibilità di esercitare il diritto di voto, ai sensi del comma 1, in un Comune diverso da quello di residenza, devono presentare domanda per via telematica, tramite identificazione mediante il sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese – Spid -, almeno 45 giorni prima della data prevista per lo svolgimento della votazione». L’auspicio del comitato Voto dove vivo è che «la proposta trovi la più ampia convergenza dei partiti. Si tratta di una battaglia di civiltà che non deve avere alcun colore politico».