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Il centrodestra contro la norma dell’Ue sulle Case Green: «È una patrimoniale». Cosa prevede la direttiva che non piace a FdI

14 Gennaio 2023 - 09:53 Antonio Di Noto
Nell'Ue gli edifici esistenti sono responsabili del 40% del consumo di energia e del 36% delle emissioni. In Italia, il 60% degli edifici si colloca tra la classe F e la G

Tutte le case dovranno rispettare gli standard energetici della classe E entro il 2030 e della classe D entro il 2033. Questo, in sostanza, quello che richiede la nuova norma europea il cui testo, attualmente non definitivo, sarà al voto della commissione Industria, Ricerca ed Energia (Itre) il prossimo 9 febbraio. Inizialmente previsto per il 24 gennaio, il vaglio è stato posticipato dagli oltre 1.500 emendamenti presentati. Un’ipotesi che comunque non piace a Fratelli d’Italia e alla maggioranza intera, spiega Repubblica.

«La casa non si tocca»

«La casa è sacra e non si tocca» ha detto risoluto il capogruppo di FdI Tommaso Foti, aggiungendo: «Ogni nazione ha le sue caratteristiche. In Italia gran parte della proprietà immobiliare è a titolo dei cittadini. In altri Paesi europei l’affitto è più comune, ciò significa che la ristrutturazione è a carico delle grandi società immobiliari, le quali hanno una capacità di spesa ben diversa». Il deputato definisce quello dell’Ue «un tentativo di rifilare all’Italia una patrimoniale camuffata che va a ledere i diritti dei proprietari». Foti ha annunciato di aver presentato una risoluzione parlamentare «per chiedere che il governo intervenga per scongiurare l’approvazione della norma».

I dati

La direttiva Ue rientra nel pacchetto Fit for 55, con la quale l’Unione persegue l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050. Nell’Ue, gli edifici esistenti sono responsabili del 40% del consumo di energia e del 36% delle emissioni. In Italia, il 60% degli edifici si colloca tra la classe F e la G, spiega il Corriere della Sera. Per questo è previsto anche l’obbligo secondo il quale ogni nuova costruzione dal 2030 in avanti debba essere a emissioni zero. Si calcola che in Italia siano 9 milioni le abitazioni nella classe energetica più bassa, la G, per lo più costruite nel secondo dopoguerra. I proprietari di questi immobili dovrebbero mettere in atto dei lavori di ristrutturazione che vengono considerati «pesanti», ovvero che riguardano almeno il 25% dell’involucro edilizio. Spesso, l’intervento più oneroso, ma anche più efficace e in grado di far risparmiare moltissimo ai proprietari, è l’installazione del cappotto termico. A questo si possono aggiungere nuovi infissi, nuove caldaie e altri interventi.

Le eccezioni

Ad ogni modo, il piano dell’Ue prevede numerose eccezioni. Tra queste figurano gli edifici dei centri storici, quelli vincolati dai Beni Culturali e quelli che potrebbero subire una diminuzione del valore architettonico causata dai lavori. Escluse anche le seconde case, e tutti quegli immobili che vengono abitati per meno di 4 mesi all’anno o che nel suo corso consumano fino al 25% di quanto farebbero nei 265 giorni. Infine, restano fuori anche i fabbricati indipendenti con una superficie fino a 50 metri quadrati. La direttiva, però, non incontra il favore delle associazioni dei proprietari e dei costruttori, che lamentano l’assenza di sostegni economici da parte dell’Ue per l’attuazione di un piano che potrebbe richiedere una quantità di risorse non lontana dal Pil annuale del Paese. L’Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance) chiede «incentivi mirati e stabili», mentre Confedilizia parla di «tensione senza precedenti» sul mercato
delle ristrutturazioni.

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