Lo sfogo di Giorgia Meloni per i sospetti sull’arresto di Messina Denaro: «Ma quale trattativa? Non serve accordarsi con la mafia per batterla»
La premier Giorgia Meloni torna a commentare l’arresto di Matteo Messina Denaro, il presunto numero 1 di Cosa Nostra fermato dopo 30 anni di latitanza. E lo fa rispondendo ai sospetti sulla possibilità che l’arresto del super-boss sia avvenuto attraverso modalità poco chiare e concordate con lo Stato. «Il primo provvedimento in assoluto assunto da questo governo è la difesa del carcere ostativo, del carcere duro. Matteo Messina Denaro andrà al carcere duro perché quell’istituto esiste ancora grazie a questo governo. Quindi qualcuno dovrebbe spiegarmi su che cosa si sarebbe fatta questa eventuale trattativa», esplode la presidente del Consiglio ai microfoni di Quarta Repubblica su Rete 4, riferendosi alle polemiche sulle rivelazioni di Salvatore Baiardo a Massimo Giletti a novembre scorso, in merito all’esistenza di una trattativa. «Non c’è bisogno di mettersi d’accordo con la mafia per batterla». Basta «autoflagellarci», continua Meloni secondo cui lo Stato italiano «può finalmente cantare vittoria», ma al contrario «stiamo lì a inventarci che non può esser e così». Per la premier tutte queste teorie complottiste nascono perché «l’obiettivo è sempre il tema della politica. Ma ci sono – ribadisce nell’intervista – delle materie in cui la politica dovrebbe passare in secondo piano. Oggi una cosa è andata bene e qualcuno lo deve dire». E poi ancora: «Si dice che tutti sapevano dov’era (Messina Denaro, ndr) e lo hanno preso ora che c’è questo governo. Quindi la tesi era che finché c’era la sinistra al governo non lo andavano ad acchiappare? Quelli che sostengono questa tesi, per paradosso sono quelli che al governo ci stavano. Cosa ci stanno dicendo, che tutti sapevano dove si trovava ma gli altri partiti al governo non sono andati a prenderlo? Non lo so. Io posso garantire che oggi c’è un governo di centrodestra e questo latitante è stato preso. Io credo che questo dipenda dal valore e dalla capacità degli inquirenti». Nonostante le polemiche, per la premier oggi – lunedì, 16 gennaio – resta comunque «una giornata storica, un giorno di festa per le persone per bene, per le famiglie delle vittime della mafia, perché il sacrificio di tanti eroi non era vano. Noi siamo abituati a ricordare – spiega la premier – chi si sacrifica per la lotta alla mafia ma poi ci sono persone che vivono tutta la loro esistenza per raggiungere questi obiettivi».
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