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Martina Scialdone, il mistero sul tumore di Bonaiuti e i fucili in casa del killer: «Se mi scocci ti sparo»

16 Gennaio 2023 - 05:16 Redazione
martina scialdone costantino bonaiuti tumore
martina scialdone costantino bonaiuti tumore
L'avvocato nega che fosse malato di cancro al polmone. Ma i familiari e all'Enav confermano. L'arsenale e la chiamata al 112

C’è un giallo nel femminicidio di Martina Scialdone. E riguarda la malattia dell’uomo che l’ha uccisa. Costantino Bonaiuti. Lui l’ha uccisa dopo una cena nel ristorante Brado di via Amelia al Tuscolano. Ma il 61enne ingegnere e sindacalista dell’Enav era o no malato di tumore al polmone? A parlare della sua malattia ieri erano stati i giornali. Ma il suo avvocato Domenico Pirozzi a La Stampa oggi dice che non è così: «Me lo ha escluso nella maniera più categorica. Mi ha detto di essere depresso e amareggiato per quello che ha fatto. Ma ha negato di avere un tumore maligno». Bonaiuti però si trovava a lavorare in smart working in via Monte Grimano 73 a Fidene con il suo rottweiler e l’ex moglie E. D. proprio perché malato. «Ci raccontava della malattia oncologica e delle lunghe sedute di chemioterapia», dicono i colleghi.

L’arsenale in casa

Nato ad Asmara, 61 anni, Costantino Bonaiuti aveva una Mercedes nera. Ex campione regionale di tiro dinamico sportivo, in casa aveva un vero e proprio arsenale. Quattro pistole e due fucili da caccia. Tutti in regolare detenzione. Il procuratore aggiunto Michele Prestipino e la pm antiviolenza Daniela Cento indagano. Oggi è prevista l’udienza di convalida per l’arresto. Separato ma ancora convivente con la moglie, Bonaiuti si esercitava nello stesso poligono di Fidene dove andava a sparare Claudio Campiti. I vicini di casa lo definiscono come irascibile e violento. A uno che si lamentava dello sfrecciare con la Mercedes nel condominio aveva risposto: «Non mi scocciare sennò ti sparo». Attualmente la procura contesta a Bonaiuti l’omicidio premeditato aggravato dai futili e abietti motivi.

Il ristorante e la chiamata al 112

Ieri il ristorante Brado ha smentito di aver cacciato dal locale Martina Scialdone dopo la prima aggressione. Secondo la prima ricostruzione dell’omicidio i due erano entrati nel locale alle 21 per cenare. Dopo aver pagato il conto, alle 23, Bonaiuti ha cominciato a litigare con la donna. Alle 23,17 lei ha mandato un messaggio Whatsapp al fratello. Alle 23,30 l’omicidio. Un solo colpo da una semiautomatica calibro 45. Il Messaggero racconta oggi di due richieste di intervento con chiamata al 112. La prima per una lite nel locale. Secondo la loro versione i proprietari chiedono alla donna se voglia restare nel ristorante in attesa della polizia. Ma lei rifiuta. La seconda chiamata arriva alle 23,38 dopo gli spari. Gli agenti immediatamente sul posto forse stavano arrivando a causa della prima.

La malattia

In un’intervista rilasciata al quotidiano romano Meghy Bonaiuti, sorella dell’assassino, racconta che i due sono stati insieme almeno due anni. Mentre Costantino «ha nascosto a tutti di essere malato di cancro per mesi. Fino a quando la situazione non è precipitata e non è stato possibile nasconderlo. Non ci sono giustificazioni per quello che ha fatto. Ma anche noi negli ultimi mesi lo abbiamo visto cambiare. Era meno presente anche con i nipoti che lui considerava dei figli». I colleghi dicono che “Costi” – questo era il suo soprannome – sosteneva di essere affetto da una patologia in costante aggravamento. E in grado persino di minacciare le sue capacità cognitive. All’Enav è in corso una ricognizione: si verifica la presenza di eventuali certificati medici.

Il passato di Bonaiuti

Una vicina di casa invece racconta che Bonaiuti si presentò dalla madre di Martina Scialdone per chiedere di essere accettato. «Perché non mi volete bene?», avrebbe chiesto l’ingegnere alla signora. «Non è questo il problema, devo pensare al bene di mia figlia», gli avrebbe risposto lei. Bonaiuti si trova attualmente a Regina Coeli. Nel carcere lo descrivono come «spento e disperato». Al suo legale ha detto che è stato segnato dal suicidio di due sue sorelle. Avvenuto nel 1997: una si è uccisa e l’altra, pochi giorni dopo, per lo sconforto ha fatto lo stesso. «Il suicidio è una costante nel suo pensiero», si dice. Per questo adesso è piantonato.

Il presidio

Oggi alle 18.30 è in programma un presidio proprio all’angolo tra via Amelia e via Tuscolana organizzato dal Centro antiviolenza di via Fortifiocca, gestito dall’Associazione Casa delle Donne Lucha y Siesta. Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente di Telefono Rosa, dice all’edizione romana del Corriere della Sera che è sempre sbagliato accettare l’ultimo chiarimento con l’ex. «Nonostante l’avvocata lavorasse su alcuni casi di violenza domestica, non si è resa conto con chi aveva a che fare. È uscita da quel ristorante, nel bel mezzo di un litigio, probabilmente senza pensare minimamente a quello che le poteva capitare. Io credo oltretutto che quest’uomo avesse già dato segni di violenza in passato. Viene descritto come una persona che la stava allontanando da tutti. Anche quella è una forma di violenza», conclude.

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