Il ritardo della polizia, le cure psichiatriche del killer, la balla del tumore: perché Martina Scialdone si poteva salvare
Nelle carte in mano agli investigatori del tumore al polmone che avrebbe affetto Costantino Bonaiuti non c’è traccia. L’assassino di Martina Scialdone non era malato in fase terminale. Soffriva però di disturbi all’organo in questione. Ma anche di problemi psicologici non meglio identificati. In base a questi aveva probabilmente ottenuto di lavorare in smart working dall’Enav. Ed era in cura presso un centro specializzato. Ma le nuove circostanze emerse durante l’udienza di convalida non fanno che aumentare oi dubbi sull’assassinio dell’avvocata. Che ruotano tra i ritardi della polizia nell’arrivare al ristorante Brado di via Amelia al Tuscolano. E le evidenti carenze di controlli. Visto che nonostante le cure mentali Bonaiuti aveva ancora il porto d’armi. E un arsenale in casa. Costituito da quattro pistole e due fucili da caccia.
Costantino Bonaiuti e un delitto annunciato
Due sono gli elementi che fanno parlare di un delitto annunciato. Il primo è il passato di Costantino Bonaiuti. Che aveva dato segni di squilibrio in più occasioni. Una decina di anni prima, racconta l’edizione romana di Repubblica, un’altra donna era stata vittima della sua collera. I servizi sociali del Comune di Roma inviarono una relazione alla procura dopo un’aggressione. All’epoca Bonaiuti abitava già a Fidene in via di Monte Grimano. Lì aveva anche minacciato un condomino. Colpevole di averlo redarguito perché guidava troppo veloce nel locale garage del condominio. Poi ci sono i tempi. Mirko Catania, gestore del ristorante, ha raccontato di aver chiamato il 112 alle 23. Dopo aver notato Bonaiuti e Scialdone in lite nel locale e aver ricevuto da Bonaiuti un “fatti i c…zzi tuoi” in risposta alla sua richiesta di fornire aiuto.
L’omicidio
Bonaiuti, davanti al Gip, ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Il giudice ha convalidato l’arresto disponendo per lui il carcere. A Regina Coeli è controllato a vista. Dalle carte dell’indagine emerge inoltre che intorno alle 23.30 aveva telefonato alla ex moglie, con cui conviveva, riferendole di aver sparato a Martina Scialdone. A causa di «un colpo partito per sbaglio». Mentre che Martina temesse quella serata si evince anche dalla testimonianza di un’amica. «L’ho sentita preoccupata e le ho detto di chiamarmi per raccontare cosa accadesse. Ricordo che una volta raccontò di essersi un po’ spaventata in quanto durante una lite Costantino era diventato ‘un cane rabbioso’», ha detto la testimone. Ma se era in cura presso strutture psichiatriche allora perché non gli è stato ritirato il porto d’armi?
L’avvocato Taglialatela
Per il difensore, l’avvocato Fabio Taglialatela, quella sera Bonaiuti «non voleva uccidere, ha avuto un istinto suicida. La pistola è stata tirata fuori per fare del male a se stesso. Il colpo è partito e collima con le lesioni mortali che ha riportato la vittima ma non c’era l’intento di uccidere». Il penalista ha detto che se venerdì sera «tutti avessero fatto il loro lavoro, i loro compiti di cittadini, questa ragazza sarebbe ancora viva. La ragazza pare che abbia chiesto aiuto. Nessuno ha modo di riscontrare questa richiesta, ma questo lo appureremo. In questa vicenda ci sono due vittime».
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