L’ex magistrata: «Vi spiego perché la massoneria ha protetto la latitanza di Matteo Messina Denaro»
Teresa Principato, ex procuratrice aggiunta di Palermo, in un’intervista rilasciata oggi a Repubblica si rallegra per l’arresto di Matteo Messina Denaro. Ma al tempo stesso si dice turbata. Perché durante la sua fuga l’ultimo dei Corleonesi ha potuto contare «su una rete di copertura di carattere massonico che lo ha protetto in tutto il mondo». Principato era convinta che Messina Denaro non si sarebbe mai fatto prendere. «Da quello che ho potuto verificare con le mie indagini, arrivate fino al 2017, Messina Denaro era proprio inafferrabile. Non stiamo parlando di una persona nascosta in un casolare, che mangiava pane e ricotta come Bernardo Provenzano. Tutt’altro. Oltre ad essere abbastanza colto, amava la bella vita, era un maniaco del lusso. E non rimaneva troppo a lungo fermo nello stesso luogo. Ha viaggiato molto, anche all’estero», sostiene.
La loggia “La Sicilia”
Principato ha seguito le tracce di Messina Denaro «dalla Sicilia al Venezuela, dall’Inghilterra alla Spagna. Attraverso le rogatorie abbiamo trovato tracce della sua presenza. Ma non lui». E spiega: «In Venezuela, ad esempio, c’è una larghissima, intricata, realtà massonica. E sicuramente gli ambienti frequentati da Messina Denaro, siciliani trapiantati che gestivano un negozio di mobili molto fiorente, erano massonici. In Inghilterra, la massoneria è addirittura uno status. In Spagna invece ho qualche dubbio sul carattere massonico dei rapporti intrecciati da Messina Denaro con coloro che lo hanno ospitato. Ma c’è dell’altro». Ovvero: «Un collaboratore di giustizia massone ha parlato di una loggia coperta costituita proprio da Messina Denaro che si chiamava “La Sicilia”. Ci sono altri esempi di logge coperte, come la “Scontrino”, di cui facevano parte persone di ogni livello sociale. Lo stesso si può dire per “La Sicilia”. Questi suoi rapporti, ne sono convinta, lo hanno messo al riparo dal pericolo di essere rintracciato».
La “borghesia mafiosa”
Principato parla di una grossa rete di carattere massonico che lo proteggeva. Ma il procuratore capo dell’epoca non era convinto della pista: «Il collaboratore non era ritenuto credibile. Non lo era su molti versanti, ma la sua qualità di massone, il fatto che fosse stato cooptato in una delle logge di Castelvetrano mi fa ritenere più che attendibili le sue dichiarazioni su questo aspetto». E la protezione non poteva essere soltanto massonica perché il boss «per il territorio rappresentava una gallina dalle uova d’oro. I suoi affari andavano dalla grande distribuzione alle pale eoliche. E Principato dice che c’è stato un momento era davvero vicina ad arrestarlo: «Tra il 2016 e il 2017 Messina Denaro aveva ripreso i suoi rapporti con un vecchio sodale, Leo Sutera, condannato per associazione mafiosa. Che era stato scarcerato. Sentivamo di essere a poca distanza dal risultato finale, ma l’allora procuratore ritenne di far arrestare Sutera in un’altra indagine».
Il nuovo capo dei capi
Infine, secondo Principato la scelta di curarsi in una clinica a Palermo non è stata casuale: «Evidentemente doveva avere le sue certezze e le sue conoscenze». Ma ad avviso della procuratrice Cosa Nostra non ha ancora scelto un successore e forse non lo farà mai: «Uomini della caratura e dello spessore criminale dei Corleonesi non se ne sono più visti. Credo che si sia chiusa un’epoca».
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