La caccia al tesoro di Matteo Messina Denaro e il diario ritrovato nel covo: «Perché Lorenza non vuole vedermi?»
È partita la caccia al tesoro. Che nel caso di Matteo Messina Denaro sarà lunga e difficile. La perquisizione della casa in vicolo San Vito (ex via Cb31) a Campobello di Mazara non ha dato i risultati sperati. È quella comprata dal suo prestanome Andrea Bonafede nel giugno 2022. Ma gli inquirenti sospettano che il vero covo del boss sia un altro. Ovvero quello in cui si trovano le carte dell’organizzazione mafiosa. E che Messina Denaro può aver pensato di tenere lontano dalla sua residenza per ovvie ragioni di prudenza. Intanto però c’è un diario. O meglio, un’agenda con alcuni appunti d’affari. Che era diventata anche un diario intimo, secondo quanto racconta oggi Repubblica. Il boss scriveva tanto negli ultimi giorni. Quasi ossessivamente: «Perché Lorenza non vuole vedermi? Perché è arrabbiata con me?».
Nella vita dell’ultimo dei Corleonesi ci sono tre persone di nome Lorenza. Una è la madre Lorenza Santangelo, moglie di Don Ciccio. Ovvero il padre di Matteo, Francesco, che concluse la sua latitanza morendo di morte naturale. L’altra è la figlia Lorenza Alagna. Che, secondo i racconti di questi giorni, il padre in realtà non l’ha mai visto. E di recente si è dissociata da lui dicendo di non voler averci nulla a che fare. Anche se su Facebook qualche tempo fa aveva scritto: «Quanto vorrei l’affetto di una persona e, purtroppo, questa persona non è presente al mio fianco e non sarà mai presente per colpa del destino». La terza è Lorenza Guttadauro. Ovvero l’avvocata scelta in questi giorni per rappresentarlo. Figlia di sua sorella Rosalia e sposata con Luca Bellomo, accusato di essere un fiancheggiatore del boss.
La vita del superlatitante in via Cb31
«Io non conosco mia figlia. Non l’ho mai vista. Il destino ha voluto così. Spero che la vita si prenda tutto da me per darlo a lei (…). Non conoscere i propri figli è contro natura», scriveva il super latitante firmandosi Alessio nel suo scambio epistolare con Svetonio, alias Antonino Vaccarino, l’ex sindaco di Castelvetrano. Nell’appartamento di 70 metri quadri in via Cb31, rinominato in vicolo San Vito, Messina Denaro si allenava con attrezzi da palestra fai-da-te. Oppure scriveva messaggi a una delle donne che frequentavano la sua casa. Due smartphone sequestrati potrebbero aiutare nella caccia al tesoro del boss. Nell’agenda ci sono anche appunti che potrebbero essere la copia di alcuni messaggi d’affari. Molta roba si trovava ancora negli scatoloni. Ricette e cartelle mediche, scontrini di ristoranti e pizzerie.
La distanza e la telecamera
Poi c’è un giallo. Che riguarda il bar San Vito. Ovvero il locale dove il Ros ha tenuto d’occhio i fedelissimi del boss fino a settembre scorso. Quando un blitz con 35 arresti è partito proprio da via Vittorio Emanuele 282. La distanza dalla casa in cui Messina Denaro sicuramente già abitava è di 95 metri. E ancora: il quotidiano racconta che c’era una telecamera piazzata davanti al bar San Vito sin dal 2019. Non è un mistero, le immagini sono tutte nelle carte dell’inchiesta. Ma l’uomo che tutti cercavano non si è mai visto davanti quel bar. Nonostante da via Vittorio Emanuele debbano passare tutti quelli che escono da via Cb 31.
Il vero covo
La Stampa invece spiega oggi che il vero covo non è quello già trovato. Ma quello in cui il boss teneva il suo archivio. E forse qualche indicazione sul suo tesoro. Fatto, finora, di beni confiscati e sequestrati. Come i 1.500 impianti eolici intestati a Vito Nicastri. Le 532 costruzioni del valore di oltre 6 milioni di euro. E di 1.600 impianti per il turismo. Poi ci sono gli interessi nella grande distribuzione e nelle sale slot e scommesse. Per arrivare fino al traffico di beni archeologici e ai trasporti marittimi. E questo è solo l’ammontare totale dei beni sequestrati.
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