Giustizia, Conte all’attacco di Nordio e del governo: «Crociata improvvida contro le intercettazioni: favorite corrotti e corruttori»
Come già fatto al Senato, il guardasigilli del governo Meloni, in Aula a Montecitorio, ha fatto le sue comunicazioni sull’amministrazione della giustizia. Appuntamento importante in cui il titolare di via Arenula pronuncia le linee programmatiche del suo dicastero. Limitazioni alle intercettazioni e spending review, riduzione dei tempi del processo e digitalizzazione con i fondi del Pnrr, riforma dei codici e situazione nelle carceri: questi alcuni dei punti affrontati da Carlo Nordio. Durante le dichiarazioni di voto dei deputati, la critica più dura è arrivata dal presidente del Movimento 5 stelle, l’avvocato Giuseppe Conte: «Questo governo, combinando insieme propositi e azioni già realizzate, restituisce una visione delle giustizia preoccupante, distorta rispetto ai principi costituzionali, una visione di disuguaglianza dei cittadini davanti alla legge», ha esordito.
Il leader dei grillini, in un passaggio sulla notizia della settimana, ovvero la cattura di Matteo Messina Denaro, ha detto: «Qualche esponente di maggioranza ha tentato di rivendicare il merito dell’arresto di Messina Denaro. Se vogliamo essere precisi, dobbiamo riconoscere che l’operazione non è stata portata a termine con le politiche di questo governo che, anzi, sta depotenziando presidi di legalità e strumenti di indagine contro mafia e corruzione». Per Conte, l’arresto del boss di Cosa Nostra non deve avere colore politico. Ha sollevato dei dubbi sull’efficacia dell’azione dell’esecutivo nel contrasto alla criminalità organizzata: «Chi si batte contro le mafie rischia di trovarsi ora con armi spuntate a scarponi da risuolare». Ricordando l’83esimo compleanno di Borsellino, Conte ha ripreso alcune sue parole: «Lui diceva sempre che la guerra alla mafia non doveva conoscere pause, eppure di pause ne stiamo registrando tante».
Il capo del Movimento 5 stelle ha ripreso una frase controversa di Nordio, nella quale il guardasigilli dichiarava sostanzialmente che i boss della criminalità organizzata non scambiavano informazioni rilevanti al telefono: «La sua dichiarazione sui mafiosi che non parlano al telefono è improvvida, soprattutto per chi siede a quel ministero, il punto più basso della sua improvvida crociata contro le intercettazioni». E la successiva «precisazione – del ministro – non prefigura un ravvedimento ma una toppa peggiore della lacerazione, anche nella replica di oggi c’è una deficitaria comprensione del fenomeno mafioso. A Meloni e Nordio voglio ricordare che la mafia non si serve più delle bombe ma delle mazzette, e non ci giriamo intorno: le intercettazioni sono previste per tutti i reati sopra i cinque anni di pena, siamo d’accordo si o no?».
Sempre sulle limitazioni alle intercettazioni a cui punta l’esecutivo, l’ex presidente del Consiglio ha garantito: «Continueremo ad ostacolare, con tutte le nostre forze, le misure con cui state continuando a rendere la vita più facile a corrotti e corruttori». Conte ha anche incalzato il governo sul cosiddetto decreto rave party: «È una delle norme più illiberali, più scombinate degli ultimi decenni. Una norma da Stato di polizia». Poi, in chiusura, il leader pentastellato ha redarguito Nordio per il linguaggio usato in Aula: «In questo parlamento ci sono opinioni diverse ma siamo tutti teste pensanti e raziocinanti. La invito, ministro, a esprimersi in modo più consono, le posizioni M5s sono espressione di una profonda cultura che si avvale anche dell’esperienza sul campo di persone che hanno combattuto a rischio della propria vita la mafia». Il riferimento è alla dichiarazione del guardasigilli, il quale aveva detto che «il parlamento non deve essere supino e acquiescente a quelle che sono le affermazioni dei pubblici ministeri».
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