L’appello del pentito a Matteo Messina Denaro: «Puoi ancora guarire dal cancro della mafia»
Pasquale Di Filippo era un fiancheggiatore di Matteo Messina Denaro. Suo amico e complice, è diventato uomo d’onore “riservato” – come Andrea Bonafede – nel 1994. Ed era componente del gruppo di fuoco di Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina. Arrestato un anno dopo, si è autoaccusato di quattro omicidi ed è stato decisivo proprio nella cattura di Bagarella. Ha parlato anche della strategia delle bombe di Cosa Nostra tra 1992 e 1993, facendo i nomi dei mandanti. Oggi, in un’intervista a la Repubblica, Di Filippo chiede all’ultimo dei Corleonesi di pentirsi: «Ora che anche io come lui sono malato vorrei dirgli che c’è un tumore dal quale può ancora guarire: la mafia». E lo dice con commozione: «Matteo se davvero vuoi bene a tua figlia parla con i magistrati. Fai i nomi dei politici. Svela i segreti di Cosa Nostra che ancora non conosciamo».
Pasquale Di Filippo e il Padrino
Di Filippo dice che dalle foto Messina Denaro gli pare «invecchiato. Ma per il resto non sono rimasto sorpreso. Conosce Palermo meglio della provincia di Trapani». Il pentito si è occupato della latitanza del boss tra il 1994 e il 1995: «Andava in giro con un furgoncino dell’azienda acquedotti che guidava Giorgio Pizzo. Lui era un dipendente dell’Amap. Un giorno, vennero fermati dalla Finanza a un posto di blocco, ma non furono riconosciuti. Per il resto Matteo faceva la bella vita». E racconta una storia che lo riguarda: «In uno degli appartamenti del centro che utilizzavamo per le riunioni trovammo un preservativo. E Bagarella chiese se ero stato io a portare una donna nel covo. Poi abbiamo capito che era stato Matteo. Ma nessuno si permise di dirgli nulla».
Vuotare il sacco
Oggi che Messina Denaro chiede cure speciali contro il cancro, Di Filippo dice che anche lui è malato. E che il tumore da cui può ancora guarire il boss è la mafia. Lo può fare vuotando il sacco. Raccontando anche le connessioni con la politica. Il pentito dice che Messina Denaro e Bagarella lo incaricarono di pedinare l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli. Proprio per continuare la strategia degli attentati voluta da Riina: «Avevamo votato Forza Italia. Ma dalla politica non erano arrivate le risposte che attendevamo. Bisognava dare un altro segnale eclatante». Poi rivela: «Due giorni dopo la mia cattura, nel giugno 1995, avrei dovuto avere un incontro con Bagarella e Messina Denaro, per i dettagli dell’operazione. Dissi alla Dia che ero pronto ad andarci, per farli arrestare, ma non vollero».
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