L’assist di Trump a Putin: «Dopo i tank si passerà alle testate nucleari». Il Cremlino: «Proprio così, escalation colpa di Washington»
Tra i due è sempre corso buon sangue. Un feeling naturale, umano e politico, tra i leader – uno tuttora in carica, l’altro non più (almeno per ora) – delle due potenze che si sono divise il mondo nel secondo Novecento, e ora di nuovo allo scontro totale. Donald Trump e Vladimir Putin: diversi, ma simili. Una comprensione reciproca sopravvissuta perfino a undici mesi di guerra tra Russia e Ucraina, aiutata in maniera determinata sul piano finanziario, militare e d’intelligence dagli Usa. Già, perché ieri, 26 gennaio, l’ex presidente americano era tornato a farsi sentire, criticando la decisione della Casa Bianca – con il sostegno bipartisan del Congresso – di alzare il livello delle forniture militari invaiando a Kiev decine di carri armati Abrams. «Prima arrivano i tank, poi le testate nucleari», aveva detto Trump, alludendo al rischio di escalation derivante dalla scelta dell’amministrazione-Biden. Musica per le orecchie del Cremlino, che incassa volentieri. «Si può concordare con queste parole, Trump ha ragione» quando allude all’escalation delle tensioni, ha commentato oggi il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, citato dall’agenzia russa Interfax. Un’escalation che ha un’origine chiara, per Peskov: «è provocata tra le altre cose dalle decisioni prese in primo luogo a Washington e, sotto le pressioni degli Usa, nelle capitali europee. Mi riferisco alle consegne di armi, tank, e così via». Un uno-due, voluto o meno, riuscito alla perfezione.
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