Dopo la candidatura con la Lega, l’Unione Ciechi ancora nella bufera: il presidente delegittima il collegio dei probiviri che lo aveva sospeso
Fatale fu quella candidatura del presidente dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti con la Lega di Matteo Salvini. Il terremoto provocato da Mario Barbuto all’interno di una delle più longeve Onlus del Paese è andato avanti ben oltre le elezioni politiche del 25 settembre, raggiungendo un’escalation mai registrata nella storia ultracentenaria dell’associazione, da sempre sotto la vigilanza del ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Le prime scosse erano arrivate dopo che il presidente Barbuto aveva annunciato la sua candidatura a fianco del leader del Carroccio. «Siamo orgogliosi di accogliere il presidente dell’Unione Ciechi in squadra», diceva Salvini prima del 25 settembre. «Negli ultimi anni si è speso più degli altri sul fronte delle disabilità e delle fragilità», faceva ecco Barbuto parlando del capo partito. Un coinvolgimento che creò non poche polemiche fuori e dentro la Onlus e che nelle ultime ore ha raggiunto la deriva di un vero e proprio colpo di Stato interno, con la delegittimazione da parte del presidente in carica dell’organo di garanzia dell’associazione. Risale a pochi giorni fa la sospensione di Barbuto dalla sua attività di socio dell’Unione e quindi anche da presidente per 180 giorni da parte del collegio dei probiviri. Un duro colpo per l’ex candidato leghista, costretto a dire addio non solo alla sua carica ma anche a circa 240 mila euro di reddito annuo. Ma la delibera di poche ore fa ha comunicato una contromossa senza precedenti da parte del presidente nazionale che, attraverso un cavillo legale, ha ufficialmente destituito lo stesso collegio e delegittimato con effetto retroattivo tutti gli atti e le decisioni da esso firmate. Via il dente, via il dolore dunque: l’organo di garanzia che aveva deciso di sospendere il presidente, di colpo non è più considerato legittimo e dunque, in un gioco di parole e di regolamenti, Barbuto sospende la sua sospensione. Secondo quanto spiega la «delibera di autotutela», la mossa appare motivata dalla «incompatibilità» con la carica di probiviro di uno dei componenti del collegio, nello specifico del presidente del collegio Fortunato Pirrotta. Ma andiamo per ordine.
La candidatura con la Lega e la richiesta di dimissioni
L’annuncio della candidatura di Mario Barbuto con la Lega di Matteo Salvini alle elezioni del 25 settembre 2022 aveva destato non poche polemiche tra chi gridava «all’incompatibilità con lo statuto dell’Unione Ciechi» e chi, ricorrendo alla sfera etica, riteneva «assolutamente non opportuno uno schieramento politico di questo tipo». Nonostante l’identità apartitica ribadita dal regolamento della Onlus, lo stesso documento non presenta alcun riferimento a una possibile violazione nel caso di candidature politiche. Ma la frequente associazione dell’Unione Ciechi con la Lega di Matteo Salvini operata attraverso slogan e simboli accomunati, hanno fatto storcere non poco il naso a associati e membri interni. Le parole di elogio di Barbuto sull’impegno di Salvini sul fronte «delle disabilità e delle fragilità» aveva lasciato di stucco in primis la presidente della sezione di Cremona Flavia Tozzi: «Non ci sembra che la Lega sia un partito che si batta per i diritti dei disabili e delle minoranze», spiegava, «ma il problema è ancora un altro: Barbuto doveva dimettersi e invece si è solo autosospeso, tenendosi la carica di presidente che immagino faccia molto comodo al partito». È in quel momento che, dopo dichiarati tentativi di dialogo con il presidente candidato, il Gruppo del Consiglio Nazionale UICI “Uniti per l’Unione” chiede ufficialmente le dimissioni di Mario Barbuto dalla carica di presidente. «Adottando la strategia della chiusura a ogni confronto e rigettando con albagia la prospettiva delle dimissioni, il presidente si è inventato l’istituto dell’«autosospensione» dalla carica, non previsto dallo statuto», si legge nella nota di “Uniti per l’Unione”, «ma utilissimo nel consentire, nonostante un formale disimpegno associativo, a lui la prosecuzione del suo incarico presidenziale e ai suoi nuovi riferimenti politici di usare, propagandando la sua carica associativa, il nome, la storia, l’autorevolezza dell’UICI per fini elettorali. Una circostanza, questa, che è confliggente con l’apartiticità dell’Unione, prevista dallo Statuto, a cui Barbuto e i pochi prescelti si appellano continuamente, rifuggendo, contemporaneamente, da altre valutazioni di carattere etico».
Gli audio privati mandati in diretta radio e la “vendetta” di Barbuto
La fine della corsa elettorale però non è riuscita a mettere un punto alle schermaglie interne alla Onlus che, dopo settimane, hanno sempre più preso le sembianze di una vera e propria frattura. «Ora parlo senza freni né di tipo etico né legislativo»: questo è l’esordio scelto da Barbuto per il discorso pronunciato in diretta radio subito dopo le elezioni. «Sono 45 giorni che sento sciocchezze di ogni tipo, ora parlo io». Da lì svariati minuti di sfogo in cui il leghista si è rivolto direttamente a chi nelle ultime settimane aveva criticato la sua candidatura, difendendo la sua autosospensione, attribuendo ad altri la scelta di associare il simbolo dell’Unione Ciechi con quello della Lega e utilizzando toni duri contro molti dei soci definiti «schifosi» e «criminali». L’invettiva pubblica è continuata attraverso la messa in onda di audio whatsapp privati, appartenenti a una chat interna alla Onlus. Le voci di Annamaria Palummo, consigliera nazionale, di Stefano Scala e del presidente regionale Arturo Vivaldi si alternano in diretta nella radio web, restituendo toni altrettanto duri nei confronti del presidente allora candidato. «Ormai l’Unione è spaccata in tutta Italia, se non vuole trovare un’onda di critiche deve fare quello che stiamo dicendo altrimenti inizia la guerra, una guerra vera», dice Palummo. «Abbiamo raccolto dei soldi, paghiamo un killer professionista, vedrete che dopo un po’ la paura la fa da padrone. Barbuto è uno che si spaventa», continua l’audio di Scala. E ancora Vivaldi: «Ha svuotato l’Unione di tutti i suoi principi, la sua fidanzata ha fatto diventare il personale un covo di vipere, una delle migliori associazioni del Paese è scesa nei bassifondi. Bisogna fare pulizia totale». Una pubblicazione che ha avuto tutto il sapore della vendetta da parte del presidente, intenzionato ad alimentare la schermaglia e a togliersi «tutti i sassolini dalle scarpe». La diretta incriminata è poi continuata con il tema delle dimissioni: «Mi hanno parlato di dignità dopo otto anni di grande impegno: prima di me chi leccava il c**o di più aveva di più. Siete stati eletti in Consiglio nazionale con la mia lista, se non vi riconoscete più in quei valori allora dimettetevi voi».
La sospensione del presidente
Dopo la messa in onda del discorso dai toni non poco accesi, è stato un socio di Trieste, l’avvocato Stefano Borella, a formulare un’istanza di ricorso per il comportamento adottato dal presidente nazionale in diretta radiofonica, chiedendo ai probiviri di provvedere con la massima sanzione possibile. Il collegio ha ritenuto a quel punto opportuno procedere per la sospensione di Mario Barbuto in quanto socio, prevedendo cosi in modo automatico anche il decadimento della carica più alta di presidente. «Quale Vicepresidente non entro nella decisione dei Probiviri ma permettetemi di esprimere amarezza, preoccupazione e profondo sgomento per un atto mai verificatosi prima nella storia centenaria della nostra associazione», spiega in una nota ufficiale la vicepresidente nazionale Linda Legname, indicata da fonti interne come convivente dello stesso Barbuto. «Non posso che esprimere sentimenti di vicinanza a un uomo per bene e a un Presidente autorevole», continua.
Il “colpo di Stato”
Dopo pochi giorni dalla notizia della sua sospensione, Barbuto sceglie ancora una volta il mezzo radiofonico per far sapere di una comunicazione «arrivata dalla vicepresidente», la stessa Linda Legname di cui sopra, «che informa che per ragioni cautelari si è trovata ad adottare una deliberazione con la quale vengono dichiarati invalidi tutti gli atti compiuti dal collegio dei probiviri e il suo stesso insediamento». Attribuendo la decisione alla sua vicepresidente, «con i poteri del Consiglio nazionale», è ora Barbuto a operare la contromossa contro chi aveva cercato di sospenderlo, rendendo illegittima una parte fondamentale della struttura organizzativa della Onlus. La motivazione ufficiale sarebbe quella di una «incompatibilità e ineleggibilità» riconosciuta a uno dei membri del collegio. La persona in questione sarebbe il presidente dei probiviri Fortunato Pirrotta che, secondo la delibera, avrebbe continuato fino ad oggi «a svolgere due cariche sociali tra loro incompatibili». Il riferimento è alla carica di presidente del collegio e a quella di presidente onorario della sezione di Reggio Calabria. Motivo che «ha reso e rende l’attività, l’opera, le sedute e gli atti del collegio invalidi fin dal momento dell’insediamento».
Quello che non torna
«La situazione è molto delicata, si tratta di cavilli a cui potersi attaccare», spiega al telefono il presidente regionale Unione Ciechi Alto-Adige Valter Calò, poco prima di riunirsi con gli altri membri per decidere come affrontare la mossa di Barbuto. A spiegare i punti deboli della delibera che ha di fatto delegittimato in toto il collegio dei probiviri è Vincenzo Zoccano, attuale membro del Consiglio nazionale UICI e già Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con deleghe a famiglia e disabilità nel governo Conte I. «Una delle due cariche a cui il testo fa riferimento riguarda una presidenza onoraria e cioè un ruolo non facente funzione», spiega. E poi l’altro punto centrale: «La revoca di tutto il collegio e di tutti gli atti retroattivi non appare coerente con quello che stabilisce la legge: quei documenti sarebbero non validi solo se il voto del presidente risulta essere stato ogni volta centrale e dirimente per la decisione, cosa non verificatasi. E poi, se il problema è il presidente, perché destituire tutto il collegio, che tra l’altro due anni fa, si è insediato alla presenza dello stesso Barbuto?». Ora sarà il Consiglio nazionale a dover concedere o meno la ratifica della delibera stanziata. Nel frattempo il presidente sospeso non è più sospeso.
«Migliaia di persone che hanno bisogno di aiuto e noi a litigare: il ministero intervenga»
«Quello che succede nell’Unione ciechi domani potrebbe accadere in qualsiasi altro tipo di sodalizio che rappresenta moltissima gente», spiega ancora Zoccano, chiarendo quello che l’escalation interna alla Onlus sta provocando nel sistema generale di tutela e assistenza di una delle categorie sociali più fragili in assoluto. «Quello che mi fa rabbia è che mentre ci accapigliamo su queste quisquilie lì fuori c’è gente che ha bisogno di assistenza sul territorio, bambini che hanno bisogno di studiare in maniera decente, di anziani che hanno bisogno di ausili, studenti che ancora non accedono al diritto all’istruzione. Si sta perdendo tempo nella risposta a fondamentali richieste d’aiuto». Zoccano parla poi di atteggiamenti «arbitrari con tratti dittatoriali» che possono a questo punto «contaminare tutto il sistema del terzo settore». Il precedente creato è considerato pericoloso: «Non siamo un’associazione di servizi né di volontariato ma di tutela di categoria: l’Unione Ciechi è sotto la vigilanza del ministero del lavoro e delle politiche sociali. Ci sono soldi pubblici che nessuno può gestire come vuole. Alla luce di quanto successo, domani qualsiasi presidente può delegittimare l’organo che lo sospende». Il consigliere ci tiene a sottolineare di non avere nulla contro Barbuto, «che avrà ricevuto anche i suoi torti», ma ricorda il compito di ogni uomo d’istituzione: «Evitare il corpo a corpo che quasi sempre non ha mai vincitori e saper mediare con intelligenza per il bene dell’organo che presiede». Poi l’appello al ministero di competenza, affinché faccia luce sulla situazione: «La gente che è lì fuori si aspetta di sapere come andrà avanti una realtà che per oltre 100 anni ha portato i ciechi dai gradini delle chiese alle cattedre universitarie».
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