Adolescenza trans e farmaci bloccanti. Il creator Ethan Caspani: «I miei genitori? Grandi supporter. I medici? Spesso parlano al posto nostro» – L’intervista
«Se dovessero pentirsi? Vorrà dire che questo percorso gli sarà servito a comprendersi più a fondo. La cosa importante è stiano bene e siano sereni con sé stessi». Così Ethan Caspani, 26 anni e divulgatore molto seguito sui social nella comunità transgender, prende le difese di ragazzi e ragazze la cui identità di genere non combacia con il sesso assegnato alla nascita, in merito al dibattito sui farmaci bloccanti la pubertà. Nelle scorse ore, l’associazione GenerAzioneD, che unisce genitori di figli minori, adolescenti o giovani adulti che soffrono di disforia di genere, ha sollevato alcune perplessità in un’intervista di Gianluca Nicoletti su La Stampa riguardo le terapie mediche prescritte nei giovani transgender. E sono diversi i racconti dei genitori in cui emerge il timore che i propri figli minori possano pentirsi una volta assunti farmaci bloccanti la pubertà o terapie ormonali. «In realtà l’assunzione dei farmaci ritardanti la pubertà lascia all’adolescente la possibilità di comprendersi meglio», spiega a Open Ethan che è sotto terapia ormonale da quattro anni.
«I percorsi di transizione sono molto lunghi»
«I farmaci in questione si assumono perché una volta iniziata la pubertà, il corpo subisce alcuni cambiamenti su cui poi è difficile intervenire. Mentre con questi farmaci ti risparmi, ad esempio, alcune operazioni. Servono a farti prendere coscienza di te». Nel dibattito in corso, alcuni sollevano il timore che quando si è minorenni non si è ancora pronti a prendere una decisione del genere. Ma Ethan non è d’accordo. «Premetto che dipende dal soggetto, ma sono favorevole alla prescrizione di terapie ormonali o farmaci ritardanti la pubertà anche ai minori», continua Caspani. E ci tiene a sottolineare come i percorsi di transizione di genere siano molto «lunghi e non semplici e veloci come in alcuni casi si rischia di far intendere. Ne so qualcosa…». Ethan ha 26 anni e ha iniziato un percorso di terapia ormonale a 22. «Ma le domande e i dubbi su di me sono nati molti anni prima», sottolinea. Così come la sofferenza derivante dalla disforia di genere, ovvero il disagio provocato dal sentire la propria identità di genere diversa dal sesso assegnato alla nascita.
«Ai genitori dico ascoltate più i figli e meno la società. Come hanno fatto i miei»
«Il malessere dovuto al fatto che l’identità di genere non combacia col sesso assegnato alla nascita scombussola tutta la vita», racconta il 26enne. «E ai genitori – aggiunge – che si ritrovano in questa situazione dico innanzitutto di ascoltare di più i propri figli e meno la società». Anche Ethan quando ha fatto il suo coming out, sua madre e suo padre erano «scossi». Era una situazione nuova e non erano preparati sul tema. «Non sapevano niente di questo argomento, ho dovuto fare io informazione a loro. Io mi ero già attivato, grazie all’aiuto di alcune associazioni, sentendo alcuni medici, psicologi ed endocrinologi. Poi i miei genitori hanno capito, hanno accettato la situazione e ora sono miei grandi supporter», prosegue Ethan. Ma se in alcuni casi gli adolescenti si trovano a vivere situazioni famigliari accoglienti sotto questo profilo, fuori si trovano di fronte a una comunità scientifica spaccata.
«Spesso i medici parlano al posto nostro…»
Nelle scorse settimane si è aperto uno scontro sui farmaci ritardanti la pubertà che vede contrapposti psicanalisti ed endocrinologi. La Società Psicanalitica Italiana (Spi) ha scritto una lettera al Governo in cui manifestava preoccupazione per la prescrizione di queste terapie. A cui è poi seguita una risposta di andrologi, endocrinologi e pediatri che hanno in parte smentito quanto detto dalla Spi specificando che si tratta di terapie approvate e sostenute da ricerche scientifiche. E che si tratta di terapie che aiutano a prevenire depressione e suicidi. «Dobbiamo considerare i vari effetti collaterali, ad esempio anche quelli che subentrano qualora questi farmaci vengano negati», commenta Ethan che riferisce di essere a conoscenza di più casi di suicidio dovuti alla negazione dell’accesso alle terapie. Solo uno degli ultimi casi di cui sono a conoscenza, grazie anche alla rete di associazioni attive nel settore, riguarda un giovane sui 16/17 anni che si è ucciso dopo che gli hanno negato la prescrizione. «Per questo, e lo dico rivolgendomi alla comunità scientifica e ai genitori perplessi, chiedo di ascoltare di più noi persone trans», ci tiene a dire Ethan. «Spesso – conclude – i medici, ma non solo, parlano al posto nostro in una cosa che ci riguarda e in cui anche noi vorremmo dire la nostra».
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