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No! I grandi marchi non vendono prodotti a base di farina di insetti all’insaputa dei clienti

Il commercio di alimenti senza che vengano elencati tutti gli ingredienti che li compongono non è legale

Da quando l’Unione Europea ha approvato il commercio di prodotti contenenti farina di grillo per il consumo alimentare, all’inizio di gennaio, sui social e non solo si è scatenata una sorta di isteria collettiva. Il timore ingiustificato di molti è quello di ritrovarsi inconsapevolmente a mettere sotto i denti del cibo derivante da qualsivoglia tipo di insetto. Dalle blatte nelle merendine alla farina di insetti nel Pan Bauletto, quello delle proteine dalla dubbia provenienza è diventato ormai un vero e proprio filone di disinformazione.

Per chi ha fretta

  • Circola su Facebook una lista di aziende e supermercati da cui diffidare perché infilerebbero farina di insetti a tradimenti nei loro prodotti.
  • In realtà non solo questo allarme è privo di qualsiasi fondamento, ma la procedura che descrive è espressamente vietata dalla legge.
  • Il decreto legislativo italiano numero 109 del 1992 e il regolamento dell’Unione europea 1169 del 2011, infatti, impongono stringenti criteri in merito alla trasparenza degli ingredienti contenuti nei prodotti alimentari.

Analisi

«Ecco a voi una carrellata di prodotti con farina di insetti!!! Mulino Bianco (che appartiene a Barilla) è in pole position!!! Non comprate nulla del Mulino Bianco, Barilla, Voiello (che è diventata della Barilla). Lidl, ovunque (e dico OVUNQUE) leggete “alimento proteico” o “con proteine”. Findus, la green cuisine prevede l’impiego di farina di insetti e prodotti SINTETICI». Questo allarmante messaggio è stato condiviso su Facebook, suscitando molte reazioni degli utenti del social: ha raccolto infatti 674 commenti.

Dal momento che il post non allega immagini, video, link o dichiarazioni, possiamo solo desumere il ragionamento che ha portato alla lista dei prodotti da bandire dal carrello della spesa. Come avevamo già spiegato in questo articolo, il collegamento tra l’azienda in «pole position» (ovvero quella del Mulino Bianco) è stato probabilmente fatto in seguito a una errata interpretazione delle informazioni contenute nel sito ufficiale. Nella sezione «Per una farina di grano tenero da agricoltura sostenibile», nello specifico, viene spiegato:

La Carta del Mulino è un disciplinare per la coltivazione sostenibile del grano tenero, nata dalla collaborazione con decine di Molini, centinaia di centri di stoccaggio e migliaia di aziende agricole. È composta da 10 regole pensate per portare qualità nei prodotti, supportare il lavoro delle comunità degli agricoltori e proteggere la biodiversità, anche grazie alla salvaguardia degli insetti impollinatori. La Carta del Mulino già oggi riguarda oltre 100 prodotti Mulino Bianco e ne coinvolgerà sempre di più.

Come già spiegato, dall’azienda era arrivata inoltre una smentita ufficiale e definitiva, attraverso un commento su Facebook che recita:

Ciao Marzia, non impieghiamo – e al momento non abbiamo in programma di utilizzare – farina di insetti per i nostri prodotti. Se poi ci chiedi se ci piacciono la risposta è sì, amiamo gli insetti impollinatori perché rendono possibile la crescita del nostro grano tenero Tu quanto li conosci?

Dunque possiamo escludere, almeno per il momento, la predilezione della società nei confronti della farina di insetti.

Fughiamo adesso un altro equivoco. L’utente mette in guardia nei confronti dei prodotti che riportano la dicitura «alimento proteico» o anche «alimento con proteine». Avevamo già menzionato il fatto che contenere proteine non equivale a contenere farina di insetti essiccati, citando il caso della farina 00, che per legge deve contenere tra il 9% e l’11% di proteine, così come stabilito dal D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187 (poiché gran parte di questa quota è rappresentata dal glutine, presente solo nei cereali, è evidente come non sia necessaria nessuna aggiunta di insetti per aumentare la quantità di proteine dell’alimento). Ma non finisce qui.

Cosa dice la legge

Una precisazione va fatta prima di qualsiasi analisi: produrre o distribuire alimenti senza indicarne gli ingredienti è semplicemente proibito dalla legge. Le norme di riferimento per regolare il settore, infatti, sono due: il decreto legislativo italiano numero 109 del 1992 e il regolamento dell’Unione europea 1169 del 2011. Il primo detta i criteri che devono regolare l’etichettatura e la pubblicità degli alimenti, e recita espressamente (art. 2):

1. L’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari non devono indurre in errore l’acquirente sulle caratteristiche del prodotto e precisamente sulla natura, sulla identità, sulla qualità, sulla composizione, sulla quantità, sulla durabilità, sul luogo di origine o di provenienza, sul modo di ottenimento o di fabbricazione del prodotto stesso.
2. L’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari, fatte salve le disposizioni applicabili alle acque minerali naturali ed ai prodotti destinati ad una alimentazione particolare, non devono essere tali da indurre ad attribuire al prodotto proprietà atte a prevenire, curare o guarire malattie umane né accennare a tali proprietà che non possiede; non devono, inoltre, evidenziare caratteristiche particolari, quando tutti i prodotti alimentari analoghi possiedano le stesse caratteristiche.

Il regolamento europeo enumera requisiti ancora più stringenti, stabilendo in undici punti che (Capo IV, Sezione 1, Articolo 9) «sono obbligatorie le seguenti indicazioni»:

  • la denominazione dell’alimento
  • l’elenco degli ingredienti
  • qualsiasi ingrediente o coadiuvante tecnologico elencato nell’allegato II o derivato da una sostanza o un prodotto elencato in detto allegato che provochi allergie o intolleranze usato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma alterata
  • la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti
  • la quantità netta dell’alimento
  • il termine minimo di conservazione o la data di scadenza
  • le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego
  • il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare di cui all’articolo 8, paragrafo 1
  • il paese d’origine o il luogo di provenienza ove previsto all’articolo 26
  • le istruzioni per l’uso, per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell’alimento
  • per le bevande che contengono più di 1,2 % di alcol in volume, il titolo alcolometrico volumico effettivo
  • una dichiarazione nutrizionale

Insomma, la tesi secondo cui ci infilano a tradimento i grilli nelle merendine non risulta solo priva di fondamento e di qualsiasi fonte: racconta anche un modus operandi che la legge non ammette. E questo vale anche per l’ultima azienda citata, la Findus, che per la sua linea Green Cuisine non menziona le temibili farine derivanti dagli insetti.

Conclusioni

Non è possibile che grandi marchi o catene di distribuzione infilino gli insetti negli alimenti che producono e vendono all’insaputa dei consumatori. Si tratta infatti di una procedura espressamente vietata dalla legge. La disinformazione su questo tema sta crescendo nell’ultimo periodo, ma le notizie che circolano sui social risultano al momento prive di qualsiasi fondamento.

Questo articolo contribuisce a un progetto di Facebook per combattere le notizie false e la disinformazione nelle sue piattaforme social. Leggi qui per maggiori informazioni sulla nostra partnership con Facebook.

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