Batterie, turbine e pannelli solari. Il piano della Commissione per sostenere l’industria europea (e le preoccupazioni dell’Italia)
Un piano per consentire aiuti di Stato alle aziende che operano in settori strategici e un “fondo sovrano comune“. Sono i due pilastri del progetto di sostegno all’industria europea che la Commissione Ue ha proposto oggi agli Stati membri, e che i leader saranno chiamati a discutere nel Consiglio europeo straordinario del 9 e 10 febbraio. I due piani d’azione erano già stati ventilati dalla Commissione nelle scorse settimane, da ultimo dalla presidente Ursula von der Leyen al World Economic Forum di Davos. Ma con la comunicazione di oggi, l’esecutivo Ue mette ora nero su bianco le sue idee per scongiurare quel rischio di “declino industriale” paventato in particolare dalla Francia sotto la pressione della concorrenza “sleale”, a suon di sussidi, di Usa e Cina. Il “Quadro temporaneo di crisi e transizione” mira, dice la Commissione, a sostenere gli investimenti per un dispiegamento più rapido delle energie rinnovabili e per la decarbonizzazione dell’industria. Come? Fornendo finanziamenti mirati o incentivi per lo sviluppo di tecnologie acerbe, come l’idrogeno rinnovabile; consentendo aiuti di Stato – già facilitati a partire dall’epoca dei lockdown nel 2020 – per la produzione di “beni strategici” come pannelli solari e batterie, pompe di calore, turbine eoliche e strumenti per la cattura del carbone, così come per l’estrazione delle relative materie prime essenziali. Nei piani della Commissione, l’allentamento delle regole sugli aiuti di Stato – proibiti dai Trattati Ue a meno di particolari eccezioni, ma consentiti per rispondere all’emergenza economica dettata da pandemia e poi guerra – dovrebbe durare ora fino al 31 dicembre 2025. Poi chissà (allora, in ogni caso, sarà cambiata la composizione di tutte le istituzioni europee, a partire dalla Commissione stessa).
Verde speranza
L’iniziativa della Commissione si inserisce in quello che viene chiamato un nuovo “piano industriale di Green Deal”, indicando la connessione – almeno nelle intenzioni – delle nuove iniziative che saranno finanziate con uno dei piani-chiave lanciati dall’esecutivo von der Leyen in questi anni, il Green Deal pensato per far muovere l’economia europeo verso l’obiettivo emissioni zero entro il 2050. Ai Paesi Ue spetterà discutere e decidere dell’implementazione del piano, trovando l’equilibrio giusto tra libera concorrenza e sussidi, attività industriale e decarbonizzazione. Compromessi difficili, su cui le visioni dei diversi governo non coincidono. «Siamo convinti che il Green Deal europeo sia la nostra strategia di crescita», ha detto in conferenza stampa von der Leyen. «Il prossimo decennio sarà quello che deciderà se avremo successo nel combattere il cambiamento climatico». Quanto al Fondo di sovranità europeo, previsto per l’estate e i cui dettagli non sono ancora chiari, von der Leyen ha detto che il suo scopo sarà quello di «aumentare le risorse disponibili per la ricerca a monte per l’innovazione e per i progetti industriali strategici». «Il concetto del fondo di sovranità è che abbiamo bisogno di una risposta strutturale europea su come affrontare e come supportare queste tecnologie chiave – ha spiegato ancora la presidente della Commissione Ue – Dovremmo sempre tenere presente che nessun paese, nessuno stato membro dell’Unione europea è un’isola, nemmeno uno».
La preoccupazione per l’impatto impari delle nuove regole – con colossi come Francia e Germania favoriti nell’utilizzare gli aiuti di Stato – è al centro dei pensieri dell’Italia, come messo nero su bianco in un documento trasmesso a Bruxelles, ma presente anche ai vertici Ue. «La proposta comporta il rischio che alcuni Paesi saranno in grado di dare molti più soldi di altri», ha ammesso la vicepresidente della Commissione Margrethe Vestager, aggiungendo che perciò «sarà temporanea e mirata, a patto che benefici la popolazione e l’economia europea nel suo insieme: sarà per i settori colpiti dall’Inflation Reduction Act e solo quelli, come le turbine eoliche e le batterie». Ora la palla passa ai governi.
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