Caso Cospito, la Procura indaga sulle frasi di Donzelli. Delmastro replica alle opposizioni: «Non mi dimetto»
L’opposizione non si è limitata a chiedere le dimissioni di Giovanni Donzelli e Andrea Delmastro. Il deputato Angelo Bonelli si è presentato in Procura per presentare un esposto contro le frasi pronunciate in Aula dal coordinatore di Fratelli d’Italia. L’ipotesi avanzata è quella di rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio. La Procura di Roma ha dato seguito all’esposto, aprendo un fascicolo di indagine. Donzelli e Delmastro sono coinquilini e compagni nel partito di Giorgia Meloni. Il primo ricopre il ruolo di vicepresidente del Copasir, il secondo è sottosegretario alla Giustizia con delega al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Per loro stessa ammissione, Delmastro ha passato a Donzelli delle informazioni di cui era a conoscenza per l’incarico in via Arenula: l’onorevole Donzelli le ha usate per attaccare i colleghi del Partito democratico durante la seduta in cui si discuteva dell’istituzione della commissione Antimafia.
Anche il legale di Alfredo Cospito, il cui caso è stato usato per l’invettiva, pretende chiarezza dalla magistratura: «Bisogna accertare se c’è stata una violazione. Mi domando in quale ambito sono state fatte queste intercettazioni? Sono state fatte in tutta la sezione del penitenziario? Siamo in uno Stato di diritto e ci sono autorità deputate a valutare l’eventuale commissione di un reato. Si apra un fascicolo di indagine», afferma l’avvocato Flavio Rossi Albertini. Il sottosegretario Delmastro ha assicurato di «non aver girato nessun documento secretato, ma ho riferito le informazioni come avrei fatto con qualunque parlamentare».
La raffica di dichiarazioni delle opposizioni
La richiesta di dimissioni di Calenda e l’esposto in procura di Bonelli
Carlo Calenda è tra i primi a sollecitare un passo indietro del sottosegretario alla Giustizia: «Delmastro non può rimanere al Dap. La diffusione di intercettazioni riservate per strumentalizzarle politicamente è indegna, illegale e senza precedenti. Piacerebbe sentire una parola chiara di Nordio. Non si può essere garantisti nelle parole e poi girarsi dall’altra parte». Angelo Bonelli va oltre le richieste politiche e denuncia l’accaduto alle autorità giudiziarie: «Questa mattina ho inviato procuratore della Repubblica di Roma Francesco Lo Voi un esposto con il quale si chiede l’apertura di un’indagine penale per verificare se siano stati commessi reati, a partire dall’articolo 326 del codice penale, relativamente alle dichiarazioni fatte in aula da Donzelli e alla stampa da Delmastro». Il leader dei Verdi parla di «gravità inaudita», rimarcando «l’uso disinvolto che hanno fatto di informazioni riservate», contenute in una relazione del Dap. «Non possono più svolgere le funzioni delicate che gli sono state assegnate. Per questo chiedo le dimissioni dal Copasir di Donzelli e da sottosegretario di Delmastro». E la Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine per fare chiarezza sulla vicenda.
Anche gli amministratori locali intervengono sulla vicenda
Le critiche non arrivano solo da ambienti parlamentari. Il candidato alla segreteria del Pd e presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, dichiara: «L’utilizzo di documenti riservati per attaccare l’opposizione in parlamento è un atto gravissimo. Si va oltre la carente conoscenza delle leggi e dei principi costituzionali, comunque inaccettabile per chi dovrebbe guidare il Paese, e si mette in pericolo lo Stato e la sicurezza nazionale: con i documenti riservati non si scherza, meno che mai si usano per una bieca polemica politica. Il ministro della Giustizia Nordio deve fare chiarezza al più presto». Bonaccini fa notare «anche l’enorme contraddizione di un governo che mentre rende noti documenti riservati lavora a una stretta sulla diffusione delle intercettazioni». Un altro amministratore locale, il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, interviene sull’accaduto: «Due coinquilini che si scambiano informazioni su intercettazioni segrete del Dap, per poi usarle in un becero attacco politico. Delmastro e Donzelli scambiano il Parlamento per il bar sotto casa. Si dimettano subito, prima di fare altri danni alla lotta contro la mafia».
«Il governo lavora a una stretta delle intercettazioni e poi le usa per attaccare l’opposizione?»
La senatrice Ilaria Cucchi, vicepresidente della commissione Giustizia a Palazzo Madama, osserva: «Mentre in commissione, nel corso dell’indagine conoscitiva sulle intercettazioni, stanno emergendo forti criticità riguardo alle leggi in materia e sull’impossibilità dell’accesso da parte degli avvocati che si devono, di fatto, accontentare del giudizio di rilevanza fatto dalla polizia giudiziaria, essendo impossibile anche per gli stessi pm e Gip ascoltarle tutte. Mentre si discute del tema della loro eventuale pubblicazione sulla stampa, cosa fa la maggioranza? Rende note intercettazioni che dovevano rimanere riservate e le divulga per uso politico contro l’opposizione sulla vicenda Cospito. Una cosa di una gravità inaudita». È una raffica di dichiarazioni contro i due esponenti di Fratelli d’Italia: «La grande riforma penale del governo Meloni consiste nell’uso politico di intercettazioni non divulgabili? Donzelli e Delmastro devono dimettersi immediatamente. Mi auguro che almeno il ministro Nordio esiga il loro passo indietro. Non siamo la repubblica delle banane», twitta Alessia Morani.
«Ha infamato dei colleghi e rivelato, utilizzandole come un manganello contro le opposizioni, informazioni riservate»
«Siamo preoccupati per la saldatura di mafia e terrorismo ma siamo altrettanto preoccupati che la lotta
contro questa saldatura possa essere messa a rischio dall’avventatezza, dalla superficialità e dalle manganellate di due esponenti di FdI che non sanno neppure il ruolo che ricoprono e il peso delle loro parole», dice Simona Malpezzi. «Ieri alla Camera il comportamento del deputato di FdI Donzelli, peraltro vicepresidente del Copasir, è stato rozzamente proto-missino oltre che nauseante – afferma Dario Parrini -. Ha infamato dei colleghi e rivelato, utilizzandole come un manganello contro le opposizioni, informazioni riservate passategli dal sottosegretario alla giustizia Delmastro suo compagno di partito e di appartamento. Quanta leggerezza. Quanta inaffidabilità. Donzelli si è dimostrato inadeguato al ruolo che ricopre. Anche solo per decenza dovrebbe dimettersi da tutto. Specialmente dal Copasir, all’interno del quale la sua totale mancanza di senso delle istituzioni può creare grossi guai alla sicurezza del Paese».
«Se la presidente del Consiglio non interviene, allora ci sarà un caso Meloni»
Per Nicola Fratoianni, «Delmastro e Donzelli avrebbero dovuto capire che rivelare documenti riservati utilizzandoli strumentalmente per i loro obiettivi politici non è nelle loro disponibilità. A questo punto ogni giorno di più nei ruoli istituzionali che occupano è uno sfregio alla democrazia». Debora Serracchiani chiama in causa la presidente del Consiglio: «La presenza di un soggetto che rivela le informazioni più riservate e delicatissime per la lotta alla mafia e al terrorismo non può rimanere un secondo in più a via Arenula. Se però la presidente Meloni non interviene, allora c’è un caso Meloni perché, visti i rapporti che ha con i due, se non li invita alle dimissioni, siamo autorizzati a pensare che abbia approvato o tollerato il piano e la strategia dei due esponenti di Fratelli d’Italia». Anche Marco Grimaldi rilancia: «Troppo delicati e troppo sensibili: i due incarichi di sottosegretario alla giustizia e di vicepresidente del Copasir non possono essere lasciati a due irresponsabili. Delmastro e Donzelli devono dimettersi. E non ci bastera’ ascoltare solamente Nordio oggi in Aula, vogliamo che Giorgia Meloni sfiduci i due esponenti del suo partito. Se non lo farà lei la Camera dei deputati non starà a guardare».
«Non credo che ci siano precedenti. È violare l’essenza stessa della democrazia»
«Donzelli ha scagliato contro i parlamentari del Pd alcune informazioni provenienti dal carcere in cui Cospito parlava contro il 41 bis con un mafioso. Sono note riservatissime, che non possono essere diffuse. Dunque la rivelazione è una violazione di una gravità assoluta», afferma l’ex procuratore e oggi deputato Federico Cafiero De Raho. «Come giudico le affermazioni di Donzelli? Gravissime: accusare parlamentari dello schieramento avverso di collusioni o contiguità con il terrorismo o la mafia, solo per aver fatto visita a un detenuto, è un fatto gravissimo. Non credo che ci siano precedenti. È violare l’essenza stessa della democrazia, perché è un diritto e un dovere dei parlamentari verificare le condizioni di salute dei detenuti». Insomma, la spiegazione data da Donzelli in un’intervista al Corriere della Sera non convince le opposizioni: «Quelle che ho riferito non erano intercettazioni, ma una conversazione captata in carcere e inserita in una relazione del ministero della Giustizia del cui contenuto, in quanto parlamentare, potevo essere messo a conoscenza – si giustifica il volto noto di via della Scrofa -. Non ho violato segreti».
L’intervento del governo sulla vicenda
Nordio si presenta al Parlamento per riferire
Il guardasigilli Nordio, intanto, raccoglie l’invito a interessarsi della vicenda che riguarda i suoi due compagni di partito. Oggi, alle 16, terrà un’informativa urgente in Aula alla Camera. Due ore più tardi, il ministro della Giustizia riferirà nell’Aula di Palazzo Madama. Tutti i gruppi parlamentari avranno dieci minuti per intervenire sulle spiegazioni fornite dal titolare di via Arenula.
La versione di Delmastro: «Dovrei dimettermi mentre i terroristi ci minacciano?»
Dal ministero, però, per bocca del diretto interessato, arriva la replica a chi invoca le dimissioni: «Non erano informazioni secretate, ma di una relazione del Dap – dice Delmastro -. Non ho dato documenti, Donzelli mi ha fatto delle domande e gli ho risposto. Non penso ci sia inopportunità, lo faccio tutti i giorni con tutti i deputati». Il sottosegretario alla Giustizia, poi, spiega cosa succederà con il fascicolo aperto dalla procura: «Qualcuno ha detto che erano intercettazioni e captazioni ambientali. Mi sentiranno e si chiuderà il fascicolo. Anche Mulè – aggiunge parlando fuori da Montecitorio – è caduto nella trappola culturale della sinistra: quella è una relazione del Dap, che viene fatta al governo per fare le scelte più opportune. Non è un’intercettazione o una captazione». E torna a ribadire: «Oggi c’è stata un’ulteriore alzata di livello da parte delle anime belle del terrorismo, hanno detto che moriranno quelli che non cedono sul 41 bis. Secondo voi, il giorno che sono minacciato di morte dai terroristi posso anche solo pensare di dimettermi?
«Non sapevo che Donzelli voleva fare l’intervento. Io non lo sapevo»
«Se mi avesse fatto le stesse domande Giachetti o qualunque deputato – continua l’esponente di FdI -, avrei risposto le stesse cose a lui, se avessi avuto un question time sarei stato tenuto a dirle anche in maniera più articolata. Perché l’alternativa era dire “no, non ci sono emergenze”, e avrei mentito. L’altra alternativa era dire “non so”, e avrei omesso. Io non mento e non ometto». Delmastro, a chi gli domanda di una «gestione familistica» delle informazioni, risponde che lo scambio non «è avvenuto durante una cena» informale. Piuttosto, «un deputato mi ha fatto una domanda e io ho risposto». Delmastro aggiunge anche che si è trattata di un «richiesta orale in ambito parlamentare». E sottolinea: «Non sapevo che Donzelli voleva fare l’intervento. Io non lo sapevo».
«Quei documenti non erano secretati. Punto»
Al momento, il sottosegretario dice di non essere stato cercato da Meloni: «Non c’è stato un confronto, ma se mi chiama lo avrò». Cosa si aspetta dalla relazione di Nordio alle Camere? «Ho una sola certezza, che quei documenti non erano secretati e quello emergerà. Punto. È una verità che per chi ha agitato le acque torbide è una incontrovertibile.I n quel documento non c’è alcun tipo di classificazione. Tutti i giorni dei deputati mi vengono a chiedere delle cose su documenti: se so, e non sono segreti, io rispondo. È accaduta la normalità». E conclude: «Una regola aurea è che se il governo sa delle cose e non sono secretate, e il Parlamento le chiede, il governo risponde».
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