Turchia e Siria, continuano le scosse mentre si scava tra pioggia e neve. Almeno 5mila le vittime. Sul posto anche la missione italiana
È salito a oltre 5 mila il bilancio delle vittime del devastante terremoto che ha colpito Turchia e Siria nella notte tra domenica 5 e lunedì 6 febbraio. Sono 3.432 i morti accertati in Turchia, 1.597 quelli in Siria. Cifre che sono destinati a crescere drammaticamente: l’Oms ritiene che potrebbero essere state colpite dal terremoto nel complesso 23 milioni di persone, di cui 1,4 milioni di bambini. Continua la corsa contro il tempo per cercare di tirare fuori dalle macerie gli ultimi sopravvissuti: l’agenzia per le emergenze e i disastri turca Afad ha reso noto che i feriti recuperati in mattinata sono 20.426, gli edifici distrutti risultano essere 5.775, ma ci sarebbero circa 11 mila segnalazioni di condomini sbriciolati nella zona meridionale del Paese dove si sono verificate le due maggiori scosse di terremoto. «Non è solo uno dei più grandi disastri per la Turchia, ma per la storia a livello mondiale», ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan dopo aver dichiarato lo stato di emergenza per tre mesi nelle 10 province del sud est della del Paese che sono state colpite dal sisma. Rimane ancora non rintracciabile, come ha reso noto il ministro degli Esteri Antonio Tajani, un italiano disperso dopo il sisma che si trovava in Turchia per lavoro: tutti gli altri connazionali, fanno sapere dalla Farnesina, sono invece stati contattati e stanno bene.
Lo sciame sismico
Nel frattempo la terra continua a tremare: sono state almeno 300 le scosse registrate fra i due Paesi a partire dalla mezzanotte di oggi, 7 febbraio. Nell’arco di 13 ore la più forte è stata di magnitudo 5,5: lo indica la lista riportata nel sito che aggiorna costantemente la situazione sismica nella zona, gestito dall’Università del Bosforo con l’Osservatorio di Kandilli, l’Istituto per la ricerca sui terremoti (Krdae) e il Centro regionale di monitoraggio e valutazione di terremoti e tsunami (Bdtim).Nel frattempo, si è attivata un’altra faglia al confine tra i due Paesi ed è stata la responsabile del secondo terremoto forte registrato nella mattinata di ieri, ossia quello di magnitudo 7,5 delle 12:24 (le 11,24 in Italia). Lo ha detto all’Ansa il sismologo Alessandro Amato, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). «Quel terremoto – ha aggiunto – è avvenuto su una faglia che si trova più a Nord rispetto a quella Est anatolica, lunga fra 70 e 80 metri».
La situazione in Siria
La situazione in Siria appare ancora più problematica: a causa delle temperature gelide, con neve e pioggia ad ostacolare gli sforzi dei soccorritori, ma anche perché le informazioni viaggiano su canali paralleli: da una parte il regime di Assad, dall’altra l’opposizione che ha denunciato che «centinaia di famiglie sono ancora intrappolate sotto le macerie». La Protezione civile siriana del nord-ovest del Paese ha lanciato un appello ai volontari locali, nonché stranieri, perché accorrano quanto prima nei luoghi del disastro. «È una catastrofe umanitaria a cui non possiamo far fronte da soli», afferma parlando con l’Ansa uno dei capisquadra dei soccorritori nella regione di Idlib. «Ci sono più di 250 località distrutte completamente, e altre 400 distrutte in maniera parziale».
La macchina degli aiuti
In queste ore si è messa in moto la macchina degli aiuti ai Paesi devastati dal sisma. «Ci sono interi paesi rasi al suolo, decine di abitazioni e palazzi distrutti, migliaia di persone in strada», è lo scenario che gli uomini dei Vigili del Fuoco e della Protezione civile italiana si sono trovati davanti in Turchia, dove sono arrivati questa mattina, martedì 7 febbraio, con un C130 dell’Aeronautica. Il team di soccorsi italiano – composto da circa 60 persone – è atterrato all’alba nella base di Incirlik, ad est di Adana e successivamente, su indicazione delle autorità turche, si è spostato ad Antiochia, ad un centinaio con il confine siriano. In queste ore anche Kiev ha fatto sapere, tramite il presidente Volodymyr Zelensky, di aver inviato aiuti umanitari alla Turchia per contribuire a «superare le conseguenze» del devastante terremoto.
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