Ciro Santoriello: cosa succede al processo plusvalenze dopo il video sull’odio per la Juve. Le ipotesi passo indietro e cambio sede
Ciro Santoriello, uno dei tre pm che sostiene l’accusa nell’inchiesta Prisma, dice di essere sereno. Il video del 2019 in cui diceva di odiare la Juventus non lo ha turbato più di tanto. Anche perché il filmato si concludeva con il ricordo di aver chiesto l’archiviazione per Andrea Agnelli. Mentre un altro parlava proprio delle plusvalenze poi diventate indagine e richiesta di rinvio a giudizio. Quelle frasi potrebbero essere utilizzate dalla Juventus per chiedere lo spostamento del processo in un’altra sede: Milano o Roma. Insieme all’accusa di aggiotaggio, che è legata alla competenza territoriale. Ora potrebbe fare un passo indietro. Anche se questo non avrà conseguenze sul processo. E secondo il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Giuseppe Santalucia non rischia la ricusazione.
Il Pm nato a Latina e tifoso del Napoli è sereno
Santoriello è nato a Latina. Ma da sempre è tifosissimo del Napoli. È oggi in servizio alla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino. Il procuratore capo Anna Maria Loreto lo ha destinato lì per la sua competenza sui reati economici. In passato ha condotto indagini su fallimenti e bancarotte. Secondo Luigi Chiappero, tra i più noti penalisti torinesi, «Santoriello è un uomo colto che non ha mai confuso il calcio con il diritto. Ricorderei a tal proposito che è stato lui ad archiviare le accuse alla Juve sui conti del 2016». La Stampa racconta che ieri a chi gli manifestava solidarietà dopo gli attacchi ha detto «grazie, sono sereno». Il quotidiano ricorda che il magistrato potrebbe scegliere autonomamente di fare un passo indietro. Rimettendo le deleghe dell’indagine che condivide con il pm Mario Bendoni e l’aggiunto Marco Gianoglio. Ma è un’ipotesi remota.
La difesa dell’Anm
Santalucia in un’intervista a Repubblica spiega che Santoriello in quanto pm non è ricusabile: «Il pubblico ministero è una parte nel processo, anche se atipica, perché rappresenta lo Stato. Certo, per gravi ragioni di convenienza i pm hanno il dovere di astenersi. Ma qui parliamo di un’inchiesta importante. Che non è affidata a un solo magistrato. È un lavoro di squadra. Quindi — anche volendo malignare sulle intenzioni — la passione calcistica di un singolo può incidere in maniera minima sull’attività processuale. Tutt’altro discorso se queste parole fossero state pronunciate da un giudice: in quel caso il codice prevede strumenti molto più invasivi, fino alla ricusazione, per cancellare qualsiasi ombra di parzialità». Anche se, precisa il presidente dell’Anm, «la parola “odio” non vorrei mai leggerla né sentirla. Ma fa parte del gergo calcistico. Chi è tifoso sa che non si tratta di vero odio, ma dell’affermazione di una forte rivalità. Comunque convengo: un uso più appropriato delle parole farebbe un gran bene a tutti».
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