La versione del medico di Messina Denaro al gip: «Non sapevo di curare il boss»
Alfonso Tumbarello, il medico che per due anni ha assistito il boss Matteo Messina Denaro, che si è avvalso dell’aiuto del prestanome Andrea Bonafede nelle interlocuzioni con il dottore, ha affermato, nell’interrogatorio di garanzia di fronte al gip di non aver mai avuto sospetti sul fatto che il suo paziente, a cui ha prescritto 137 ricette e analisi, potesse essere un mafioso. I due sono stati arrestati due giorni fa con le accuse – per il dottore, medico di base – di concorso esterno in associazione mafiosa e – per il prestanome – di falso e favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravati dall’aver favorito Cosa Nostra. Centrale, in questa vicenda, è il fatto che gli Andrea Bonafede sono due, oltre a Messina Denaro che usava questo nome in tutte le occasioni pubbliche: uno è il geometra che ha ceduto le proprie generalità al boss, a suo dire sotto minaccia. L’altro è suo cugino, omonimo, ed è lui a rispondere oggi al gip assieme a Tumbarello. Il medico ha raccontato al magistrato di non aver mai incontrato Messina Denaro e di aver parlato sempre col Bonafede arrestato con lui. Avrebbe accettato di non visitarlo, limitantosi a prescrivergli le ricette, essendosi persuaso che l’altro Bonafede fosse gravemente malato e che quindi aveva bisogno di ricevere le ricette per il tramite del cugino. Uno strano passaggio di mani che al medico non sembrava insolito – sostiene – alla luce della presunta volontà di Bonafede di non rendere nota la propria malattia.
La spola tra i due
Tuttavia, Tumbarello ha ammesso di aver fatto da tramite fra l’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino e il fratello di Messina Denaro, Salvatore. Particolare che mal si concilia con la versione secondo la quale non avrebbe saputo chi stava curando. Come ricostruito dalla trasmissione Report, in seguito all’interlocuzione tra Vaccarino e Salvatore Messina Denaro, avvenuta nello studio di Tumbarello, Vaccarino riuscì addirittura ad avviare una corrispondenza col boss. Dal suo canto, invece, Bonafede – anche lui sentito oggi dal gip – dichiara di aver semplicemente assecondato le richieste dell’omonimo cugino che sosteneva di essere gravemente malato. E per questo avrebbe fatto la spola tra lui e il medico per consegnare e ricevere i documenti necessari alle cure.
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