Tutti gli ospedali di Matteo Messina Denaro: la strana storia del boss miliardario che sceglie di di curarsi con la sanità pubblica
Secondo la rivista Forbes nel 2017 Matteo Messina Denaro aveva un patrimonio stimato di 2,5 miliardi di dollari. Il nono italiano più ricco del mondo, come del resto dimostra anche il valore dei sequestri effettuati nei confronti dei suoi prestanome in questi anni: 3,5 miliardi di euro. Eppure l’ultimo dei Corleonesi non ha deciso di gestire le sue malattie spendendo un po’ dei soldi che ha guadagnato in questi anni da attività illecite e attività lecite mascherate. Si è invece rivolto alla sanità pubblica. Nell’appartamento di vicolo San Vito a Campobello di Mazara gli investigatori hanno trovato decine di referti, fatture e prescrizioni relative a diverse patologie. Anche oculistiche. E che risalgono a prima del 2020, anno in cui con certezza il boss si è trasferito nel centro del trapanese. E si è fatto operare di cancro al colon nell’ospedale di Mazara del Vallo.
Il boss e la sanità pubblica
‘U Siccu si è sempre sentito un nemico dello Stato. È stato il soldato (e poi il generale) di Totò Riina. Ha combattuto la battaglia che Cosa Nostra (o meglio: i corleonesi) ha dichiarato allo Stato. E nelle sue parole intercettate in questi anni si è sempre dichiarato un nemico della Repubblica italiana. Che a suo parere ha “tradito” i patti con “la Sicilia”. In una situazione del genere pare francamente curioso che Diabolik si sia rivolto alla sanità pubblica per i suoi problemi di salute. Di certo non lo ha fatto sempre. All’inizio della sua latitanza in molti raccontano di una visita in una clinica specialistica di Barcellona. Per curare la malattia all’occhio destro, forse lo strabismo del miope elevato. Ma evidentemente qualcosa deve essere cambiato a partire dal 2020. Ovvero nel momento in cui il boss ha cominciato a rivolgersi alla sanità pubblica. Lo dimostrano i documenti sono stati rilasciati da diversi professionisti tra i quali alcuni di Marsala e Trapani.
I medici e il numero di cellulare
Di più. Ai medici il boss lasciava il numero di cellulare come contatto. E proprio seguendo i telefonini i magistrati stanno cercando di ricostruire mosse e rapporti del capomafia. Si tratterebbe di sim diverse da quelle trovate nel covo di Campobello. Le celle telefoniche agganciate guideranno gli investigatori sui luoghi frequentati da Messina Denaro. I tabulati saranno utili a ricostruire la sua rete di contatti. Dopo l’arresto del medico Alfonso Tumbarello per concorso esterno in associazione mafiosa e falso ideologico proseguono, intanto, le indagini per risalire al professionista che per primo ha diagnosticato al boss il tumore. Di certo per adesso ci sono le ricette del medico massone. Secondo gli inquirenti «Tumbarello ha prestato la propria attività professionale, quanto meno, prescrivendo gli esami e le analisi propedeutiche all’intervento chirurgico poi effettuato da Messina Denaro il 13 novembre 2020 presso l’ospedale di Mazara del Vallo. Redigendo e sottoscrivendo personalmente la scheda di accesso in ospedale e la relativa prescrizione di ricovero chirurgia generale» in tutto il percorso terapeutico.
Gli interventi chirurgici
«Inframezzato dall’ulteriore intervento chirurgico» subito il 4 maggio 2021 alla clinica La Maddalena di Palermo, fino al giorno dell’arresto. Due anni di terapie. Oltre 100 prescrizioni tutte intestate al geometra Andrea Bonafede. Che invece godeva di perfetta salute e che il professionista, come ha riferito la sua segretaria, non aveva mai ricevuto allo studio. E tanta sicurezza da concedersi un selfie con un operatore sanitario. Oggi Il Fatto Quotidiano dettaglia gli interventi chirurgici a cui si è sottoposto Iddu: il 13 novembre 2020 la rimozione di un tumore maligno del sigma. L’11 gennaio 2021 un esame: tomoscintigrafia globale corporea. Il 4 maggio 2021 una epatoctomia parziale al fegato. Un’operazione che consiste «nell’asportazione di tutto il lobo destro del fegato. Rappresenta il principale intervento per i tumori sorti in questa parte del fegato. Prevede l’asportazione di più della metà del fegato».
La nota di Zerilli
Ieri il primario di oncologia dell’ospedale di Sant’Antonio Abate Filippo Zerilli, indagato nell’inchiesta sulla latitanza del boss, ha inviato una lunga nota stampa alle agenzie. Nella quale ha prima di tutto precisato che il test del Dna a cui ha sottoposto ‘U Siccu «ha la funzione di individuare eventuali poliformismi che possono aumentare la tossicità del farmaco. Non certo a individuare l’identità dei pazienti». Zerilli ha anche smentito le voci di un ricovero per un mese di Bonafede nella sua struttura. Ma ha anche fornito un dettaglio interessante: «In data 3 dicembre 2020, in risposta ad una richiesta di visita oncologica della chirurgia di Mazara del Vallo, supportata da un referto istologico del laboratorio di anatomia patologica dell’ospedale di Castelvetrano del 24 novembre 2020, è stata fissata una visita presso l’UOC che dirigo, segnata nell’agenda di reparto in data 9 dicembre 2020. Non vi è altra documentazione, a mia conoscenza, dalla quale risulti la presenza del paziente Andrea Bonafede presso l’ospedale di Trapani».
Il referto dell’ospedale di Castelvetrano
Questo significa che qualcuno, e a questo punto quasi certamente Messina Denaro, si è presentato a fare un esame proprio a Castelvetrano, dove è nato e dove molti hanno memoria della sua faccia. Anche questo sembra incredibile. Le indagini dovranno quindi chiarire questo punto. Perché il boss dipinto come miliardario ha deciso di curarsi con la sanità pubblica? Forse perché aveva le garanzie delle entrature che gli garantiva la massoneria deviata? O c’è un altro motivo, magari più privato e personale?
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