«Hanno deciso di tumularmi in questo sarcofago»: Alfredo Cospito e il rischio alimentazione forzata e Tso
Le speranze della difesa di Alfredo Cospito sono tutte rivolte al 24 febbraio. Quel giorno la Cassazione dovrà decidere se il Tribunale di Sorveglianza aveva ragione quando ha confermato il 41-bis per l’anarchico. L’alternativa è un nuovo ricorso, ma il suo avvocato Flavio Rossi Albertini non ci crede più di tanto: «La volta scorsa ci sono voluti otto mesi per fissare un’udienza». Intanto lui non è stupito della decisione di Carlo Nordio, che ha respinto la richiesta di revoca del carcere duro: «Me l’aspettavo. Mi considerano troppo sovversivo. Hanno deciso di tumularmi in questo sarcofago di cemento armato». Cospito è in sciopero della fame dal 20 ottobre scorso. Quando è arrivato a Sassari a maggio pesava 117 chili. Adesso è a quota 70. Nel frattempo è stato trasferito nel carcere di Opera. Perché meglio attrezzato in caso di emergenza sanitaria.
La morte di Cospito
Il rischio che Cospito non arrivi vivo a quella data è decisamente alto. «Lo do quasi per scontato» che muoia, ha detto il suo avvocato in una conferenza stampa alla Camera. Aggiungendo che il suo assistito ha deciso ormai da giorni di non assumere neanche più gli integratori. L’anarchico si è inoltre rifiutato ancora di sottoposti alla visita psichiatrica. Da via Arenula è partita quattro giorni fa una lettera al Comitato nazionale di bioetica per avere chiarimenti su come comportarsi sulle disposizioni anticipate di trattamento nel caso in cui queste siano state firmate da un detenuto – come Cospito – «che in modo volontario abbia deciso di porsi in una condizione di rischio per la salute e che indichi il rifiuto o la rinuncia ad interventi sanitari anche salvavita». Nordio ha citato una frase dell’anarchico – «il corpo è la mia arma»- interpretandola come catalizzatore per l’azione strategica del detenuto. Insomma, quelle parole sono, per Nordio, il comando dell’anarchico ai sodali della lotta armata.
Lo Stato e il Tso
Il Fatto Quotidiano spiega oggi che lo Stato, se le sue condizioni dovessero precipitare, ha il dovere di salvarlo. Fonti del ministero della Giustizia confermano al giornale che questo sarà fatto attraverso un trattamento sanitario obbligatorio. Anche se il detenuto lo rifiuterà. «La diffida inviata dall’avvocato al ministero non vale nulla. I medici penitenziari hanno il dovere di salvare una vita. È come se un agente assistesse al tentato suicidio di un detenuto e non lo fermasse». Il ricovero fa parte di un protocollo già pronto a Opera. Le regole del Tso in ogni caso dicono che può essere somministrato solo con l’ok dei medici e del sindaco. La richiesta di grazia a Sergio Mattarella o un appello a Papa Francesco non sono in programma, secondo Rossi Albertini: «Il mio assistito è un anarchico individualista. In ogni caso nessuno concederebbe nulla». Gli anarchici intanto tornano a manifestare: oggi corteo a Milano «contro il 41 bis, l’ergastolo e ogni prigione».
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