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Francesca Amadori licenziata dall’azienda di famiglia: accordo raggiunto, si chiude il caso

14 Febbraio 2023 - 08:40 Redazione
francesca amadori
francesca amadori
Gli avvocati annunciano la conclusione del contenzioso. Ma lei non tornerà in azienda

Francesca Amadori, nipote del fondatore del gruppo omonimo, è stata licenziata dall’azienda di famiglia nel gennaio 2022. La donna ha fatto causa alla società, che la accusava di assenteismo. Era direttrice marketing e comunicazione dell’azienda guidata dall’amministratore delegato Francesco Berti, che nel frattempo ha lasciato il timone. Secondo i rumors dell’epoca il licenziamento era arrivato per decisione del padre Flavio. Una faida famigliare negli anni Novanta aveva portato all’allontanamento di Arnaldo, fratello di Francesco e co-fondatore. Il marito di Francesca lavora ancora in azienda. Maurizia Boschetti, madre di Francesca e prima moglie di Flavio, non lavora più in azienda. Francesca Amadori ha fatto causa all’azienda ritenendosi discriminata. Ieri è stato raggiunto un accordo tra le parti. «Nella giornata di ieri ha trovato consensuale e positiva conclusione il contenzioso in essere fra Francesca Amadori e l’azienda di famiglia – fanno sapere gli avvocati difensori di Francesca Amadori, Luca Laudato, Domenico Tambasco, Barbara Cortesi, Marco Praino, Andrea Cattaneo, Adele Santelia -. La reciproca disponibilità ha reso possibile un accordo che consentisse, in primis, la tutela dell’azienda quale patrimonio della famiglia, dei dipendenti e della collettività intera». Secondo gli avvocati l’azienda augura a Francesca Amadori «di poter fruttuosamente intraprendere un percorso professionale diverso, fondato sui suoi 18 anni di presenza in azienda, nel corso dei quali – si legge nella nota – la stessa, ha dimostrato competenza e professionalità».

La vicenda

A gennaio 2022 Francesca, che ricopriva la carica di responsabile della comunicazione del gruppo, era stata licenziata – secondo l’azienda per assenteismo prolungato – e aveva quindi impugnato il provvedimento, sostenendo di essere stata discriminata come donna e aveva chiesto un risarcimento di oltre 2 milioni di euro. L’azienda aveva replicato con una citazione civile, chiedendo a sua volta all’ex dipendente un risarcimento da 1,5 milioni per danno d’immagine. Ieri la svolta, con la conclusione dell’accordo in via extragiudiziale, del quale non sono stati resi noti i termini economici.

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