Ferrara: «Che meraviglia l’assoluzione del Cav (che semmai 6 anni li meriterebbe per le frasi su Putin)»
Anche Giuliano Ferrara commenta oggi l’assoluzione di Silvio Berlusconi nel caso Ruby Ter. L’incipit dell’articolo dell’Elefantino sul Foglio è folgorante: «Posto che il nostro amato Cav. sei anni di galera per dichiarazioni false e tendenziose pro Putin se li meriterebbe tutti, e senza la condizionale», dice Ferrara sarcasticamente. Poi spiega che la sentenza «è una cosa meravigliosa». Anche se non sembra d’accordo con la motivazione dell’assoluzione: «Ora dicono che è un errore procedurale dell’accusa a avere causato questo sconquasso, come quando dissero che Andreotti era stato assolto ma anche condannato. Non capiscono che un’accusa che si vale di procedure sbrigative e brutalmente in contrasto con il diritto processuale è il miglior argomento per noi garantisti contro lo strapotere di certe toghe militanti».
La nipote di Mubarak
Ferrara aggiunge che la storia della “nipote di Mubarak” Karima El Marough «era un’invenzione di fertile spessore solidale per evitare guai e pasticci giudiziari a una giovane persona del giro». Dice che tutto è perdonato. Anche se «la mejo stampa soi-disant laico-liberale ha pucciato il biscotto in questa brodaglia di pregiudizio e vanità etica». Sostiene che «la Principessa dell’accusa si è fidata di alludere alla “furbizia orientale” della signora El Mahroug con toni di sfondo razzista e sessista, molestie da #MeToo prima del #MeToo».
Infine rivendica la sua manifestazione pro Berlusconi: «In fondo quando noi sporcaccioni e servi ci siamo riuniti al grido “Siamo tutti puttane”, quando ci siamo imbellettati di rossetto, fluidi antemarcia, per opporre qualcosa di sapido al pudore di stato, quando ci siamo messi in mutande o in mutandoni, dicendoci “In mutande ma vivi”, in un teatro milanese affollato di dadaisti anticonformisti, questo abbiamo fatto: ci siamo opposti a una delle varianti, la più sordida forse alla luce della sua invadenza sul terreno della democrazia e della divisione dei poteri, del correttismo». E chiude: «Ma quando il fatto non sussiste, il correttismo muore».
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