Emilio Fede dopo l’assoluzione di Berlusconi: «Solo io ho perso tutto, Silvio spiegami»
L’assoluzione di Silvio Berlusconi nel processo Ruby Ter ha reso «felice» Emilio Fede. L’ex direttore di Tg1 e Tg4, a 91 anni, dice però anche di aver perso tutto. Fede è stato condannato in via definitiva nel 2019 a 4 anni e 7 mesi per favoreggiamento della prostituzione. E anche se non ha scontato la pena in carcere, ora dice che si è fatto «otto anni (anche per altre vicende, ndr) ai domiciliari senza essere colpevole di nulla». Qualche anno fa era stato persino accusato di evasione. Ma il giudice lo ha assolto. Ora, spiega in un’intervista a La Stampa, è felice: «Sono molto contento della sua assoluzione. Mi chiedo invece perché io sono stato calpestato fino alla fine. Soprattutto sono contento per tutti quelli che sono contenti. La sua famiglia, i suoi amici».
«Licenziato e sbattuto fuori dall’ufficio in tre minuti»
Ma c’è un però. Non è che Fede non abbia rimpianti, dice nel colloquio con Paolo Colonnello. Anzi: «No, non è proprio così. Mi chiedo: io ho perso tutto, licenziato, sbattuto fuori dall’ufficio in tre minuti. Perché? A chi dovevo fare spazio? A chi davo fastidio?». L’anchorman si riferisce a quello che è accaduto il 28 marzo 2012: il licenziamento da parte di Mediaset. Che arrivò dopo trent’anni di carriera nelle reti di Berlusconi. E che portò successivamente a una condanna per ricatto nei confronti dell’allora direttore generale dell’informazione del Biscione Massimo Crippa. Perché ha fatto produrre fotomontaggi compromettenti che ritraevano proprio Crippa nel tentativo di far ritirare il licenziamento all’azienda. Oggi Fede ricorda così l’accaduto: «Vado allo stadio con il Cavaliere, torno e trovo il mio ufficio chiuso. Un avvocato e un altro figuro che mi dicono: lei ha chiuso, licenziato. Dopo tutto quello che avevo fatto!».
«Non sento più Berlusconi»
Fede dice anche che «un detenuto in punto di morte» ha detto che lui nelle storie di Ruby non c’entrava niente. E che glielo ha riferito «una signora che frequenta le carceri per lavoro, non posso dire di più». Mentre ricostruisce così il suo ruolo nelle “cene eleganti” del Cavaliere: «Finivano a mezzanotte. Poi io uscivo, andavo all’edicola di piazzale Loreto a prendere i giornali, leggevo le prime pagine e telefonavo a Berlusconi per fargli il resoconto». Silvio, però, non lo sente più: «L’ultima volta è stata la vigilia di due Natali fa. Ero stato in ospedale dopo una caduta e mi aveva chiamato: “Ciao Emilio? Ma cosa fai? Dai, vieni qua”. Ma io non potevo, ero in carrozzella. Poi non ci siamo più sentiti». Infine, se dovesse incontrarlo ora, gli direbbe: «Caro presidente, con le storie di Arcore la mia vita è finita ma la mia amicizia per te sarà per sempre. Ti prego, ora che hai ottenuto una meritata sentenza, per favore, dimmi, perché sono stato licenziato».
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