Addio a Leiji Matsumoto: è morto a 85 anni l’autore di Capitan Harlock
Il fumettista giapponese Leiji Matsumoto è morto a 85 anni. Matsumoto è deceduto il 13 febbraio scorso ma il suo sito ufficiale Leijisha, gestito dalla figlia Makiko Matsumoto ne ha dato notizia soltanto oggi. L’autore di manga «Leiji Matsumoto ha intrapreso un viaggio verso il mare delle stelle il 13 febbraio 2023. (…) Diceva sempre: “Ci rivedremo in quel luogo dove le ruote del tempo si incrociano”. Noi crediamo in quelle parole e attendiamo con ansia quel giorno», ha scritto lei nell’annuncio della sua morte. Matsumoto «ha avuto una vita felice perché è stato in grado di continuare a disegnare storie come ‘mangaka’», ha aggiunto il suo agente. I funerali di famiglia si sono già svolti, ma è prevista l’organizzazione di un evento di commiato in data ancora da definire. Il “mangaka“, il cui nome di nascita è Akira Matsumoto, era nato il 25 gennaio 1938 nella città di Kurume, nella prefettura di Fukuoka, nel sud-ovest dell’arcipelago giapponese.
La vita e le opere
Matsumoto ha firmato opere di fantascienza come “Yamato, la nave da guerra spaziale” (1974) e “Galaxy Express 999” (1977). Ma è la serie “Captain Albator“ (così è chiamato in Francia, dove è ancora oggi uno dei più popolari di sempre; “Harlock” nella versione originale e in inglese), che racconta le avventure del pirata spaziale con il volto barrato da una cicatrice e il lungo mantello nero con una testa di morte, ad averlo reso famoso in tutto il mondo. Adattato come cartone animato a partire dal 1980, ha avuto un successo mondiale. «Albator è il mio amico più fedele e più vecchio. È il mio alter ego nella sua determinazione», ha detto Matsumoto nel 2011 all’Annecy Animation Film Festival. Matsumoto ha firmato il suo primo manga all’età di 15 anni, “Le avventure di un’ape“, dopo aver vinto un concorso. L’artista ha detto anche di essersi ispirato nel suo lavoro alla bomba atomica sganciata dagli Stati Uniti a Hiroshima il 6 agosto 1945, quando aveva 7 anni e viveva a Fukuoka, a 300 km di distanza. «Mi ha traumatizzato ma è stato un’ispirazione, come tutte le mie esperienze giovanili».
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