Cosa c’entra Matteo Messina Denaro con la scomparsa di Denise Pipitone: l’appello di Piera Maggio e il controllo dei boss sul territorio
L’amica e compagna di chemioterapia di Matteo Messina Denaro lo invita a vestirsi di umiltà. E a pensare alle persone che gli vogliono bene. Ma soprattutto, gli chiede di parlare, di collaborare. Di aiutare quelle persone che possono averne bisogno. Come per esempio «Denise Pipitone, può dare un grande aiuto a quella famiglia che sta cercando la verità sulla bimba sparita. Lì c’è ancora una grande voragine aperta in una mamma e un papà». Questo è l’appello della donna a Non è l’Arena di Massimo Giletti. Che ieri ha anche mandato in onda una serie di audio sulla malattia dell’Ultimo dei Corleonesi. Lui «per quello che gli viene attribuito possa e debba sapere cosa può essere accaduto a quella famiglia. Potrebbe redimere le sue colpe aiutandoli. Questa è una preghiera che gli farei», dice l’amica. Ma cosa c’entra Messina Denaro con la scomparsa di Denise Pipitone?
Il primo settembre del 2004, quando Denise Pipitone non aveva ancora quattro anni, è scomparsa da Mazara del Vallo. Secondo i racconti dei testimoni poco prima la bambina era a giocare per strada, davanti alla casa della nonna materna. Il 18 ottobre una guardia giurata girò un filmato in cui si vedeva una bambina in compagnia di persone nomadi a Milano. La bambina era molto simile a Denise, ma veniva chiamata Danas. La madre Piera Maggio vi riconobbe sua figlia, ma le persone che erano con lei non si trovarono più. Nell’aprile 2021 si era parlato della somiglianza di Denise con una bambina russa di nome Olesya. Il test del sangue escluse che la ragazza russa fosse Denise. Sempre nel 2021 ma a maggio la procura ha aperto una nuova inchiesta su Anna Corona, ex moglie del padre di Denise, e Giuseppe Della Chiave. Corona è anche la madre di Jessica Pulizzi, sorellastra della bimba, processata e assolta in via definitiva dall’accusa di sequestro di persona.
Le inchieste e le condanne
Giuseppe Della Chiave è nipote di Battista Della Chiave, il testimone sordomuto, oggi defunto, che aveva rivelato di aver visto la piccola Denise in un capannone di Mazara del Vallo in braccio al giovane intento a fare una telefonata. Nel frattempo è stata condannato l’ex pm Maria Angioni per false informazioni: la giudice che ha indagato sul caso era accusata di aver mentito ai colleghi della Procura di Marsala denunciando depistaggi e omissioni nell’inchiesta sul sequestro. A fine gennaio proprio Piera Maggio lanciò un appello al boss: «Se è vero che Matteo Messina Denaro controllava tutta la provincia di Trapani, è impossibile che non sappia cosa sia accaduto a Mazara del Vallo, chi ha rapito nostra figlia, che non conosca i responsabili di un gran movimento ovunque di investigatori che sicuramente gli ha creato fastidio. Siamo stati sempre convinti di questo, non perché lo riteniamo responsabile direttamente del rapimento, ma perché non si muoveva una foglia senza che non lo sapesse».
Nel 2004 Messina Denaro aveva appena iniziato la sua corrispondenza con l’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino. Il quale agiva in collaborazione con i servizi segreti del Sisde. Con l’obiettivo di far costituire il boss, secondo quanto ricostruito negli anni e nelle indagini. Nella corrispondenza non ci sono accenni al caso Pipitone. Qualche anno prima gli inquirenti avevano scoperto il suo rapporto con Maria Mesi, che Diabolik chiamava Tecla. E con la quale trascorse alcuni mesi della latitanza ad Aspra, vicino a Bagheria in provincia di Palermo. Ma è vero che i boss in generale hanno sotto controllo quello che succede nel loro territorio. E spesso sono in grado di ricostruire fatti accaduti in quei luoghi grazie alla rete di informatori sul territorio. L’ipotesi che Messina Denaro sappia qualcosa del destino di Denise Pipitone non è campata in aria. Anche se in questi anni non è mai emerso il coinvolgimento di Cosa Nostra nel caso.
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