Chiedimi chi era Costanzo
Per i più giovani era un signore in là con l’età che conduceva un programma a lui intitolato al quale inesplicabilmente partecipavano ospiti variamente illustri. E certo, anche il marito della popolare Maria De Filippi. Ma Maurizio Costanzo è stato un pezzo forte, un pilastro centrale della televisione italiana, e prima della radio, lungo cinquant’anni di storia nazionale. Uso la parola storia non a caso. Costanzo l’ha scandita a più riprese, attraverso l’innovazione professionale a tutto campo – Chiamate Roma 3131 in radio, prima interazione della radio pubblica con i cittadini; Bontà loro, primo salotto di talk televisivo; L’Occhio nelle edicole, primo tentativo di quotidiano popolare. Ma un ruolo così cruciale nell’intercettare le opinioni degli italiani, e nell’iinteragire tra loro e i leader di ogni settore, dalla politica allo spettacolo, non poteva che esporlo al rapporto con i poteri, e con i rischi. Arrivai tra i primi in via Fauro a Roma, dove Cosa Nostra aveva provato a farlo saltare in aria nel 1993, lui che con Michele Santoro aveva dato vita alla straordinaria Staffetta contro la mafia, storica trasmissione tra Canale 5 e Raitre, pochi mesi prima che i Corleonesi cancellassero le vite di Falcone e Borsellino. Quando parlai a Costanzo era più tranquillo di me, e ne compresi la forza interiore, che all’esterno era mascherata da quel suo fare finto cinico romanesco.
Lavorammo insieme a molte trasmissioni speciali, condotte in coppia con la sua generosità a condividere. E insieme ci cimentammo con il dissenso, da figure della sua azienda, alla decisione del nostro editore di entrare in politica. Berlusconi scese in campo e vinse (ed è ancora lì), noi però continuammo a lavorare. Costanzo divenne il punto di riferimento di tanti politici (quasi tutti avversi al Cavaliere di Arcore) perché “sapeva parlare al paese e ascoltarlo”. Era così, e ricordo una importante (e per me in seguito lacerante) serata-monstre sulla lotta al cancro che preparammo insieme. Era il tempo della sfida all’oncologia ufficiale da parte del professor Di Bella, un anziano medico modenese sperimentatore di una terapia alternativa a base di somatostatina. Il tema più forte e terribile insieme: ma sembrava che lui lo avesse sempre trattato. Sapeva appassionarsi ai problemi cruciali senza perdere di vista le dispute tra galletti del sipario televisivo, protagonisti della commedia umana sulla passerella del suo Maurizio Costanzo Show, che ha portato avanti fino all’ultimo.
Uomo di sinistra, una volta si sarebbe detto radical socialista, tanto poliedrico da aver scritto il testo di una canzone meravigliosa come Se telefonando di Mina, ma anche la sceneggiatura di un mirabile film con Mastroianni e la Loren su un professore omosessuale perseguitato dal fascismo, Una giornata particolare. Ma Costanzo è anche il giornalista e anchorman di successo che incappò in una vicenda che ha segnato la storia del paese e anche la sua storia professionale, interrotta per anni, dopo cui dovette letteralmente ricominciare da capo: la P2. Oggi il giudizio sulla Loggia di Gelli e i danni (e peggio) che fece all’Italia è sui libri di storia. Allora sembrava a molti con cui poi ho parlato una sorta di confraternita di protezione reciproca, e una cordata verso ruoli di rilievo. Una massoneria insomma, senza riti e con fili allora invisibili. Fame di potere, illusione di successo, o altro. Con lui ne parlai a più riprese. La considerava alla stregua di un incidente di percorso, grave ma totalmente superato. E così era per tutti: non c’è leader che non sia salito sul palco di Costanzo da allora fino alla recente ultima puntata del suo Show. A Maurizio si era affezionati, come milioni di italiani. E nelle prossime ore rivedremo, con la riproposizione delle sue pagine migliori, tanti capitoli della nostra storia.