Naufragio di Cutro, il dolore del procuratore: «Da padre provo rabbia, forse qualcosa si poteva fare per salvarli»
A pochi giorni di distanza dal naufragio di Cutro, di cui ancora non si conosce il bilancio delle vittime, con oltre 60 morti accertati e decine di dispersi, il procuratore di Crotone Giuseppe Capoccia prova a far luce su quanto è successo. A partire dal primo avvistamento di Frontex, fino alle ricerche della Guardia costiera dopo l’Sos lanciato dall’imbarcazione, nella catena di informazioni qualcosa non ha funzionato ma, dice Capoccia a Repubblica, «in tutto questo marasma non vedo emergere un’ipotesi di reato di omissione di soccorso». Emerge però un sistema «smagliato», in cui pur in «perfetta buona fede ciascuno fa il suo, ma che alla fine si traduce in un “vado io, vai tu” che alla fine può portare a situazioni tragiche come questa». Il procuratore spiega che in queste ore le informazioni che sta raccogliendo il suo ufficio sono tantissime e molti punti della vicenda non sono ancora chiari. Come ad esempio se le due motovedette della Guardia di finanza che si sono mosse verso il caicco lo abbiano poi in effetti individuato o meno. Tra i punti fermi però, il magistrato ne fissa due: «Posso dire con certezza solo che da Frontex sabato sera è arrivata la comunicazione che quell’imbarcazione avvistata a 40 miglia dalle coste calabresi navigava a sei nodi senza problemi, e che da Roma è arrivata la decisione di far uscire i mezzi della Guardia di finanza per un’attività di repressione reati e non di soccorso». Mentre il mare continua a restituire i corpi, Capoccia esprime tutto il suo rammarico. Perché a prescindere dalla ricostruzione di quanto accaduto, con Frontex che avvista l’imbarcazione il 25 sera, le motovedette che provano a raggiungerla ma devono tornare indietro a causa delle condizioni meteo e la prima richiesta di soccorso che arriva solo intorno alle 4 del 26 mattina, secondo il magistrato qualcosa in più poteva esser fatto. Formalmente, «nessuno ha mai dichiarato un evento Sar per questo barcone e quindi non è mai partita un’operazione di ricerca e soccorso», spiega Capoccia, «ricostruiremo tutto ma mi fa rabbia, come padre di famiglia, come cittadino, pensare che forse qualcosa si poteva fare per salvare quelle persone».
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