Assedio Bakhmut, il capo di Wagner frena gli entusiasmi di Mosca: «Smettiamola di dire che l’abbiamo presa»
Il braccio di ferro tra il gruppo Wagner e il Cremlino continua. Da tempo la temibile compagnia di mercenari guidata da Yevgeny Prigozhin è impegnata a Bakhmut, sul fronte orientale dell’Ucraina. Nelle ultime settimane la presa della città da parte dei suoi uomini sembra inevitabile, e ancora oggi, martedì 7 marzo, il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha annunciato che la «liberazione» continua. Ma Prigozhin ancora una volta ha invitato a prestare maggior attenzione alle difficoltà della battaglia. «Smettiamo di correre davanti alla locomotiva e dire che abbiamo preso Bakhmut e cosa succederà dopo», ha risposto il capo del gruppo Wagner, «credetemi, stiamo facendo di tutto per questo, anche se non ci vengono ancora fornite munizioni, equipaggiamento militare, armi e veicoli». Una critica non nuova per il leader dei mercenari, che già in passato si è scontrato duramente con Shoigu, colpevole secondo lui di non fornire al suo gruppo le forniture militari necessarie. «A Bakhmut, secondo varie stime, ci sono tra i 12 e i 20 mila combattenti delle forze armate ucraine», ha spiegato Prigozhin, «se Bakhmut deve essere “ripulita”, loro devono essere distrutti, uccisi. È molto difficile uccidere 12-20 mila soldati ucraini entro domani mattina. Le battaglie più dure si svolgono sia di giorno che di notte, ma gli ucraini non scappano da nessuna parte. Le persone a Zelensky non finiscono, a migliaia vengono gettate nel tritacarne. Hanno munizioni e armi. Muoiono in massa per Bakhmut e si arrendono solo come ultima risorsa. Smettetela di chiamarli codardi. Sono uguali a noi, in loro scorre lo stesso sangue».
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