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International Women’s Day, dall’Iran all’Ucraina: dove lottano le donne – La gallery

DATI EUROSTAT 2021 | Gender Pay Gap in Europa

La parità salariale è ancora lontana: il gender pay gap in Europa – La mappa

Il gender pay gap è una differenza di genere nella retribuzione che non dovrebbe esserci. Ma che continua, al contrario, a persistere nel Vecchio Continente. Nel 2020 il divario retributivo di genere nell’Ue era al 13% , mentre nel 2021 – secondo gli ultimi dati Eurostat – al 12,7%. Ciò significa che le donne guadagnano in media circa il 13 per cento in meno all’ora rispetto agli uomini. Esistono, inoltre, grandi differenze tra gli Stati membri: nel 2020 il divario retributivo di genere più elevato è stato registrato in Lettonia (22,3%), mentre lo Stato dell’Ue con il gender pay gap più basso è il Lussemburgo (0,7%). Situazione (un po’) diversa per il 2021: il dato peggiore arriva infatti dall’Estonia, dove gli uomini guadagnano il 20,5% in più delle donne. Quello migliore, ancora una volta nel piccolo Granducato di Lussemburgo dove il divario retributivo di genere, seppur di poco, è in favore delle donne che guadagnano lo 0,2% in più degli uomini. In Italia, invece, il differenziale salariale di genere nel 2020 è al 4%, nel 2021 si attesta in media al 5. Uno dei più bassi d’Europa, nonostante le differenze tra uomini e donne, in campo salariale, permangano. Il dato, l’unadjusted gender pay gap, calcolato come percentuale del salario di chi tra i due guadagna di più, non tiene conto però del grado di istruzione, del ruolo ricoperto in azienda e degli anni di anzianità. Si basa, inoltre, – spiega Eurostat – su un campione di aziende con più di dieci dipendenti.

Tuttavia, in Italia – come ricorda l’Istat – circa la metà delle donne non lavora o lo fa in condizioni di maggiore precarietà. Per citare qualche dato, a gennaio del 2023 l’occupazione femminile tra i 15 e i 64 anni è arrivata al 51,9% (in netto miglioramento rispetto al periodo della pandemia da Covid), contro il 69,7% degli uomini. Ancor più ampia la quota delle inattive: sono 42,6 su cento, contro il 25,2% degli inattivi. Seppure lavorano e guadagnano meno, le donne in Italia sono più qualificate e istruite degli uomini. Il 65,3% ha almeno un diploma (60,1% tra gli uomini) e le laureate arrivano al 23,1% (16,8% tra gli uomini), differenze ben più marcate di quelle osservate nella media dei Paesi dell’Ue. Tuttavia, il vantaggio femminile nell’istruzione non si traduce in un vantaggio in ambito lavorativo.

DATI EUROSTAT 2020 | Gender Pay Gap in Europa

Per le donne prevalgono infatti soluzioni di contratti a termine e a part-time, in cui le tutele sono minori e il trattamento economico è più basso. L’uso del part-time da parte delle donne è superiore a quello degli uomini in tutti i Paesi tranne uno: la Romania (4% per gli uomini, 3% per le donne). Secondo i dati pubblicati dall’Ufficio statistico dell’Ue nel 2022, la quota di lavoratrici part-time sul totale delle occupate di età compresa tra 15 e 64 anni era superiore (28%) a quella degli uomini (8%). La differenza salariale tra donne e uomini è inoltre visibile anche tra i cosiddetti lavoratori autonomi. Secondo dati Eurostat, infatti, i divari di genere più ampi sono stati registrati in Grecia con il 12,2%; mentre in Italia oltre il 9%. Tale divario – spiega l’ufficio statistico – aumenta con l’età, con una differenza di 5,7 punti percentuali per le persone di età compresa tra 25 e 49 anni, che poi si attesta a 9,9 per quelle di età compresa tra 50 e 64 anni.

Per provare a combattere tale divario retributivo di genere, il Parlamento europeo ha trovato un accordo con gli Stati membri sulle regole di trasparenza salariale. In tal senso, tutti coloro che cercano lavoro avranno il diritto di ricevere informazioni sulla fascia retributiva delle posizioni per cui si candidano, mentre i datori di lavoro con più di 100 dipendenti avranno l’obbligo di comunicare il divario retributivo di genere nelle loro aziende. Se questo, in sintesi, fosse superiore al 5% senza giustificazioni, i datori di lavoro dovranno valutare delle possibili misure correttive insieme ai rappresentanti dei lavoratori. Tuttavia, non sembra esserci un miglioramento all’orizzonte: secondo i dati dell’ultimo report del World Economic Forum, infatti, con il ritmo attuale si stima ci vorranno almeno 132 anni per raggiungere la piena parità di genere (compresa quella retributiva) in tutto il mondo.