No! L’iniziativa “città a 15 minuti” non serve a confinare le persone
Il cambiamento, si sa, fa paura a tutti. Ma pochi si sarebbero aspettati che una teoria del complotto potesse nascere addirittura prendendo ispirazione dal modello di città a 15 minuti. Secondo la teoria, la trasformazione delle città al fine di seguire questo modello non sarebbe che una scusa per «confinare le persone nei propri distretti». Non manca chi tira in mezzo il World Economic Forum e parla di «lock-in climatico» e «ghettizzazione». Chi diffonde la teoria del complotto è persuaso che l’obiettivo del modello urbanistico sia impedire alle persone di viaggiare a più di 15 minuti dalle proprie abitazioni. Se vi fosse la necessità di superare questo presunto limite, si dovrebbe richiedere uno specifico permesso, ma non più di 100 giorni all’anno. Chiaramente, nulla di tutto ciò è vero. Vediamo perché nel dettaglio.
Per chi ha fretta:
- La città a 15 minuti è un modello urbanistico secondo il quale, in uno spazio urbano, tutti i servizi essenziali dovrebbero essere a non più di 15 minuti a piedi o in bici dalle abitazioni dei cittadini.
- Il concetto è stato travisato, e c’è chi sostiene sia un tentativo di limitare la libertà di movimento dei cittadini.
- In realtà, non si trova alcun riscontro di ciò nella più recente teorizzazione del modello.
- Il teoria del complotto ha avuto rilevanza internazionale a partire da alcune proteste ad Oxford.
- Queste sono nate quando la città universitaria inglese ha introdotto alcune Ztl.
Analisi
Di seguito vediamo alcuni post che diffondono il complotto su Facebook, con le relative descrizioni. Questo è uno dei tanti, dove nella descrizione si legge:
«Cittadini di Oxford in una protesta di massa contro il nuovo concetto di “città dei 15 minuti” del World Economic Forum. (Teorie sull’intercessione de ). Lock-in climatico e ghettizzazione nel Regno Unito. Oxford è la prima città che ha voluto applicare restrizioni alla circolazione dei veicoli a causa del “Cambiamento climatico”. Puoi spostarti solo fino a una distanza di 15 minuti, per ulteriori è necessario un permesso… La forma di 6 aree del ghetto è così pratica. Ora è chiaro che le teorie del complotto non erano realmente teorie…»
Di seguito vediamo un altro esempio:
«Città proposte da Oxford.. Inghilterra ( fabian society ). Non ci si può allontanare più di un tragitto che superiore i 15 minuti ( dice qui.. io sapevo 15 km.. piu o meno la stessa cosa ).. possibile farlo solamente 100 volte in un anno.. meno di 2 volte a settimana .. Il di più è carissimo. In Canada pare stiano già applicando sperimentalmente la “pratica democratica” ( ho visto qualche video ma non ne ho certezza) è nell’agenda 2030 di WEF. Siamo sicuri di volere un mondo così?.. siamo sicuri che questa sia la civiltà democratica auspicabile ? O non sembra più il peggior film di fantascienza che potessimo immaginare? E saremmo solo all’inizio.. se vincono»
E qui un altro ancora:
«RINTRACCIATO E INTRAPPOLATO. In base al nuovo schema, i residenti potranno lasciare la propria zona per un massimo di 100 giorni all’anno, ma per ottenere anche questo ogni residente dovrà registrare i dettagli della propria auto presso il comune che seguirà quindi i loro movimenti tramite telecamere intelligenti intorno al città. Parigi sta progettando di diventare una “città da 15 minuti” | WEF. The 15 Minute City è un piano delle Nazioni Unite e del WEF. Sarai rintracciato e intrappolato nel tuo sobborgo e sarai fottuto. Clima».
Infine questo:
«Oxford: disobbedienza civile contro il lockdown climatico. Ad Oxford, dove il governo Sunak sta sperimentando una forma di confinamento climatico ispirata dichiaratamente alle serrate covid, imponendo ai cittadini di effettuare ogni acquisto o commissione a massimo 15 minuti da casa, i residenti non ci stanno: già gran parte dei dissuasori sono stati rimossi con la benzina o passandoci direttamente sopra con l’auto . Un segnale chiaro per i fans del WEF che in questi giorni sono riuniti a Davos . Seguici su @liberta_e_verita».
Il caso di Oxford
Nei post vengono menzionati due casi molto noti di città che si stanno muovendo verso il modello a 15 minuti. Una è Parigi. La capitale francese ha fatto enormi passi avanti in questo senso sotto l’amministrazione di Anne Hidalgo, che proprio sulla rivitalizzazione urbana della capitale francese ha basato la campagna elettorale che ha portato alla sua elezione del 2020. Con risultati alterni, al modello si ispira anche Milano, ma è Oxford che sembra essere al centro dell’attenzione degli utenti sui social.
Nei giorni scorsi, nella città universitaria sono nate proteste contro l’introduzioni di alcune limitazioni al traffico. Un grosso limite al raggiungimento dell’obiettivo città 15 minuti, infatti, è la pressione automobilistica che intasa alcune vie principali. Per questo, il consigliere ai trasporti e alle strategie di sviluppo della contea dell’Oxfordshire, Duncan Enright, ha spinto affinché, durante le ore di punta, l’accesso a queste strade fosse contingentato e regolato con dei permessi. Per evitare infrazioni, sono state predisposte delle telecamere per controllare ingressi e uscite.
Tra gli striscioni che campeggiavano nelle strade di Oxford si leggeva: «Le città a 15 minuti non servono per la crisi climatica, sono dei ghetti per un controllo tirannico». E ancora: «Chi ha la priorità? Le persone o il World Economic Forum?»; «La città dei 15 minuti è un inferno distopico»; «Il governo vi sta mentendo». Questo è il tono della discussione, che come prevedibile si è si è spinta anche nella vita virtuale e ha invaso i social.
Cos’è la città dei 15 minuti?
La città dei 15 minuti è un modello che – seppur non teorizzato – esiste da secoli – ma è stato messo in discussione dall’introduzione delle automobili nei centri urbani, che hanno dilatato gli spazi e allontanato i servizi dai cittadini. Il concetto è semplice: nelle città a 15 minuti tutti gli abitanti hanno a disposizione i servizi essenziali entro 15 minuti di spostamento a piedi o in bicicletta. Con la pandemia, il modello è tornato in auge e la sua più recente teorizzazione, del 2021, si deve a Carlos Moreno, docente della Università Sorbonna di Parigi. Nell’articolo di Moreno, non si legge mai di lock-in, dogane da oltrepassare, distretti isolati tra loro. Così come non si parla di nessun limite agli spostamenti, che possono avvenire in totale libertà e allontanandosi a piacimento dalle proprie abitazioni. Tutto quello che si suggerisce è di rendere le città più a misura d’uomo e meno a misura d’auto. In modo che, democraticamente, chiunque possa usufruire dei servizi essenziali in maniera veloce e pratica. Ciò non vuol dire che, volendo, non si possa – ad esempio – andare dal dentista a 20 chilometri di distanza, in auto, impiegando tutto il tempo che si desidera. In questa vignetta del World Economic Forum, viene illustrato chiaramente il funzionamento della città a 15 minuti.
Le proteste
Per quanto riguarda il caso di Oxford, le proteste sono nate con le zone a traffico limitato (in inglese low traffic neighborhoods – Ltn). Il concetto è molto semplice: in alcune strade il traffico dei veicoli a motore è stato limitato per dare la priorità alle persone. L’iniziativa ha generato le proteste di chi vede questa come una mossa che lede la proprie libertà. Anche qui, mai si è parlato di limitazioni alla mobilità delle persone di alcun tipo. In ultima, affrontiamo quanto si vede in questo video, che ritrae un atto vandalico contro uno dei dissuasori mobili delle Ztl di Oxford, avvenuto in risposta a dei ritardi di cui le Ztl sono state incolpate. Infine, che quella delle limitazioni alla libertà di movimento sia una teoria infondata è stato spiegato da numerose testate internazionali, come si può vedere nello screenshot qui in basso.
Conclusioni
Una strana teoria sostiene che il modello urbanistico tornato all’attenzione del grande pubblico con la pandemia sia un sistema per rinchiudere le persone dentro dei ghetti. Ma si tratta di teorie completamente infondate.
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