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Inchiesta Covid, le allarmanti e-mail su Wuhan inviate all’Iss da uno studente cinese a inizio pandemia

10 Marzo 2023 - 14:01 David Puente
Lo studente, raccontando la reale situazione a Wuhan, suggeriva caldamente la quarantena di almeno due settimane per gli arrivi in aeroporto

Sono passati tre anni dall’inizio della pandemia Covid-19. Grazie alle indagini della Procura di Bergamo è possibile ricostruire quanto accaduto prima e durante la gestione della prima ondata. Nelle oltre 2.400 pagine dell’informativa della Polizia Giudiziaria riscontriamo alcuni particolari riguardo la gestione dell’emergenza da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, nello specifico un paio di mail inviate il 22 e il 23 gennaio 2020 al prof. Giovanni Rezza da parte di uno studente cinese, il quale lo avvisava della reale situazione ospedaliera a Wuhan e di come l’intera gestione fosse del tutto fuori controllo. Rezza, di fronte alle email e ai video allegati dallo studente, inoltra il tutto al Presidente dell’Iss Silvio Brusaferro mettendo le mani avanti, in quanto non del tutto sicuro della veridicità degli allegati e del racconto che poteva provenire da un dissidente di Pechino. Tuttavia, le immagini erano talmente impressionanti che, nel caso confermate, secondo Rezza bisognava iniziare ad alzare la guardia.

Nella prima mail del 22 gennaio 2020, lo studente si presenta riportando la sua preoccupazione per la madre, medico che avrebbe lavorato in prima linea nella zona di Wuhan. Lo studente racconta delle infezioni che avevano coinvolto anche il personale ospedaliero e dell’imminente blocco dell’intera città di Wuhan, spiegando le condizioni dei pazienti e l’insorgenza dei sintomi. Nella mail, suggeriva all’Italia e all’Europa di prestare particolarmente attenzione negli aeroporti e la necessità di imporre una quarantena per i passeggeri di almeno due settimane. Giovanni Rezza non ignora l’email, rispondendo allo studente che condivideva le sue preoccupazioni.

Nella seconda mail, quella del 23 gennaio 2020, lo studente denuncia la pessima gestione dei dati ufficiali sui casi confermati, soprattutto per l’insufficiente capacità di produrre i reagenti per i test. Di fatto, i pazienti con sintomi lievi non avevano possibilità di effettuare i test. Ciò metteva gli ospedali nella condizione di ospitare innumerevoli casi sospetti con altrettanti pazienti lasciati a casa a morire, vista la mancanza di risorse nelle strutture di Wuhan. Secondo lo studente, viste tali condizioni, si poteva ipotizzare che il numero delle infezioni e dei decessi fosse di molto inferiore a quello ufficiale.

Tra i video condivisi nella seconda mail, secondo quanto riportato dalla Procura di Bergamo, vi sarebbe un medico che in preda alla disperazione dice «Anche io voglio vivere… vai a sbarazzarti di quei pazienti che cadono a terra…». Contenuti multimediali che lo studente inviava per denunciare la situazione ospedaliera a Wuhan e per chiedere aiuto alle istituzioni italiane ed europee, oltre che a denunciare ciò che stava accadendo in Cina. Giovanni Rezza inoltra il tutto al Presidente Brusaferro, quest’ultimo non contesta la veridicità dei video e conferma di essere a conoscenza che in Cina stiano cercando camici e dispositivi di protezione individuale.

Avvisi e contenuti che avevano in ogni caso destato l’interesse e la preoccupazione di entrambi. La situazione in Cina non era delle migliori, anche in merito alla circolazione delle notizie. Basti pensare che destò scandalo l’arresto di 8 persone accusate di aver condiviso online «notizie false su un virus in circolazione». In data 24 gennaio 2020, il giorno dopo la seconda mail dello studente, non si sapeva ancora con certezza che fine avessero fatto le persone arrestate. Abbiamo dovuto attendere diversi giorni per scoprire che tra di loro c’era il medico Li Wenliang, poi diventato un’icona della lotta contro il nuovo Coronavirus.

Lo studente suggeriva caldamente di mettere in quarantena i passeggeri una volta atterrati negli aeroporti. Di fatto, la gestione dei controlli a Fiumicino non si rivelò adeguata. A dimostrarlo fu un giornalista italiano, Cristiano Bernacchi, rientrato dalla Cina passando per il Laos. Di fatto, evitando il rientro diretto da Pechino, Cristiano e i suoi amici avevano involontariamente aggirato i controlli nonostante avesse dichiarato alle autorità di essere stato in Cina pochi giorni prima. Non sappiamo, ad oggi, quante triangolazioni simili a quella raccontata dal giornalista italiano siano passate inosservate e quanti potrebbero aver portato in Italia e in Europa in virus in questo modo.

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