Daniele Berna, malato di Sla, ha sospeso la ventilazione e ha ricevuto la sedazione palliativa per morire: «Non è eutanasia»
Daniele Berna era malato di Sclerosi Laterale Amniotrofica. Nel 2021 aveva condotto una battaglia per la fisioterapia domiciliare. Ha scelto di interrompere la ventilazione che lo teneva in vita. E di essere sottoposto a sedazione palliativa. È morto nel giro di poche ore. L’edizione fiorentina di Repubblica, che oggi racconta la sua storia, dice che la Sla gli aveva tolto la capacità di parlare e muoversi in autonomia. «Dopo l’intervento della tracheostomia ho fatto un percorso sulla base della legge 219 del 2017, per poter interrompere la terapia della ventilazione forzata. Sono arrivato alla conclusione di farlo perché è importante secondo me mantenere una dignità di vita, che questa malattia ti porta via giorno dopo giorno», ha scritto lui in un messaggio al quotidiano. E ancora: «Se non sei cosciente e sei ancora vivo non c’è dignità di vita. Metto a disposizione la mia esperienza di convivenza con la Sla a cui si può porre un limite visto che non bisogna mai arrendersi alla malattia stessa, una malattia incurabile in cui la fine è certa. Ho anticipato la fine della malattia e sento di aver vinto sulla Sla». Il dottor Piero Morino, ex direttore delle Cure Palliative in Asl Tc, dice che non si tratta di eutanasia: «La sedazione palliativa profonda consente al paziente di controllare un sintomo altrimenti non controllabile e quindi una sofferenza per lui intollerabile. È fatta con farmaci reversibili e proporzionali al sintomo, il cui scopo non è far morire una persona ma farla dormire perché possa convivere con una sofferenza che per lei è insopportabile. Il paziente con Sla ha tutti i diritti di sospendere la ventilazione ed essere addormentato e sospendere un trattamento che per lui è vitale».