Frosinone, muore di tumore senza poter riabbracciare il figlio che non vedeva da un anno: «Colpa della giustizia lenta»
È morta senza poter riabbracciare il figlio di 12 anni che non vedeva da un anno. È successo a Frosinone, dove un’insegnante di 47 anni, malata di tumore, è deceduta dopo una lunga battaglia legale per poter incontrare suo figlio minore, che abitava a Trani con il padre. Come riferisce Il Messaggero, la vicenda ha alle spalle i lunghi conflitti della coppia, le violenze subite dalla donna e una conseguente separazione. Oltre al cancro, che aveva costretto la madre ad affidare il ragazzino al suo ex marito. Il giudice aveva disposto un incontro mensile tra mamma e figlio, ma l’uomo non ha mai rispettato questa indicazione. Poi il centro antiviolenza Fammi rinascere, attraverso le avvocate Andreina Ciotoli e Francesca Ruggeri, avevano chiesto un’ultima istanza al tribunale. Ma il giudice aveva preso tempo riservandosi la decisione. Il tempo però non è bastato e la madre è deceduta.
La storia e la denuncia del centro antiviolenza
Tutto è cominciato a dicembre del 2021. «Nonostante la richiesta di affido esclusivo alla mamma, la signora sapendo che non poteva farcela per le sue condizioni di salute che si erano aggravate, acconsentì che temporaneamente il figlio rimanesse con il padre», ha spiegato la legale Ruggeri. «Prendeva così il piccolo per le vacanze di Natale a Frosinone e lo riportava poi al padre. Era gennaio 2022 e il bambino, proprio quando la mamma si aggravava ancora, non è stato mai più riportato dal papà a vederla», ha aggiunto. Poi ad aprile 2022 una consulenza tecnica d’ufficio aveva deciso che il ragazzino poteva stare dal padre, ma che una volta al mese doveva andare dalla madre. Ma questo non è mai successo. E la 47enne ha iniziato una battaglia con l’aiuto del centro antiviolenza. Quest’ultimo, in queste ore, ha rivolto un pensiero alla donna denunciando sui proprio canali social l’accaduto. «Non ti hanno permesso di riabbracciare per l’ultima volta il tuo amato figlio, un dolore che ha aggravato ancor di più la tua salute cagionevole», scrivono. «E ora – concludono – domandiamoci quanto dolore, oltre quella della malattia che gravava su di essa, possa esserci stato nel cuore di questa mamma che si è vista costretta nel limbo di un’attesa di una giustizia lenta che non ha tenuto in considerazione le condizioni psicologiche di una mamma».
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