Dimissioni volontarie, nel 2022 più di 2 milioni di italiani hanno lasciato il posto di lavoro
Sono quasi 2,2 milioni le dimissioni volontarie registrate nel 2022. Un dato in crescita del 13,8% rispetto all’anno precedente, quando in totale erano state 1 milione e 930 mila. La nota del ministero del Lavoro sembra confermare che anche l’Italia sia stata colpita dal fenomeno della great resignation, una tendenza economica in cui i dipendenti si dimettono in massa dai propri posti di lavoro. Se il 2022 ha fatto registrare un boom di dimissioni volontarie, è anche vero che il fenomeno sembra già aver perso la propria spinta. Nell’ultimo trimestre dello scorso anno, infatti, le dimissioni sono state 528.755, in calo del 6,1% rispetto allo stesso periodo del 2021. La sostanza però non cambia. In termini assoluti, le oltre 2 milioni di dimissioni registrate nel 2022 sono superiori non solo rispetto all’anno precedente, ma anche agli anni pre-Covid. La nota del ministero non specifica le possibili motivazioni di questo fenomeno. L’ultimo rapporto Censis sul mercato del lavoro, però, potrebbe dare qualche suggerimento. Nel sondaggio, infatti, è emerso che circa il 46,7% degli italiani lascerebbe il suo posto di lavoro, se solo potesse. Un dato che, sempre secondo il rapporto Censis, si deve a tre fattori fondamentali: la difficoltà di fare carriera, gli stipendi troppo bassi e i contratti precari.
I dati sui licenziamenti
La nota del ministero del Lavoro pubblicata in questi giorni segnala un aumento non solo delle dimissioni ma anche dei licenziamenti. Nel 2022, risultano oltre 751mila i lavoratori che sono stati lasciati a casa dalla propria azienda. Un dato in aumento del 30,2% rispetto al 2021, in cui però era ancora in vigore il blocco dei licenziamenti deciso durante la pandemia. Come per i dati sulle dimissioni, però, l’ultimo trimestre del 2022 sembra indicare un’inversione di rotta. Da ottobre a dicembre dello scorso anno, infatti, i licenziamenti sono stati 193.081, in calo di 4mila unità rispetto allo stesso periodo del 2021. Un dato inferiore anche all’ultimo trimestre del pre-Covid, quando il numero di licenziamenti si attestava intorno ai 240mila. «L’aumento delle dimissioni è segno di una maggiore mobilità nel mercato del lavoro, anche se si deve capire se sono determinate da un passaggio a un posto di lavoro migliore o se avvengono anche senza una prospettiva. Questo dato non è chiarissimo nel nostro Paese», ha commentato la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti. «Il calo delle dimissioni negli ultimi tre mesi dell’anno – ha aggiunto – potrebbe rispecchiare una congiuntura economica un po’ più negativa e un mercato meno attrattivo».
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