L’eolico offshore decolla: chi c’è dietro il boom di richieste di autorizzazioni nelle regioni del Sud
Se il 2022 è stato l’anno del fotovoltaico, questa volta potrebbe toccare all’energia eolica. In particolare, a quella off shore. Nei primi mesi del 2023, sulla scrivania del ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin sono finite già diverse richieste di autorizzazione per nuovi impianti di energia eolica. La vera novità, però, sta nella dimensione dei progetti. In Sicilia, per esempio, al largo di Mazara del Vallo (Trapani), una società milanese di nome Ninfea Rinnovabili Srl ha chiesto l’autorizzazione per un impianto da 53 aerogeneratori, distribuiti su una superficie di 263 chilometri quadrati a 52 chilometri dalla costa, e una potenza complessiva di 795 Mw. Per dare un’idea della grandezza, basti pensare che oggi il parco eolico più grande d’Italia si trova a Buddusò, in Sardegna, e ha una potenza di 138 Mw: meno di un quinto del nuovo progetto a cui si sta lavorando al largo delle coste siciliane.
La corsa agli investimenti
A guardare bene, però, quello di Mazara del Vallo non è l’unico maxi-progetto che sta aspettando il via libera del ministero per iniziare i lavori. Ninfea Rinnovabili, infatti, non è altro che una holding di BayWa r.e., un’azienda tedesca con sede a Monaco di Baviera e ricavi annui per oltre 3 miliardi di dollari. Il colosso tedesco, attivo in 30 Paesi, sembra voler investire con una certa convinzione sullo sviluppo delle rinnovabili in Italia. Sono già sette i parchi eolici realizzati da BayWa nel nostro Paese: due nel Lazio, tre in Campania, uno in Puglia e uno in Basilicata. Per una potenza complessiva di circa 225 Mw. E quest’anno sembra che BayWa si stia preparando a ingranare le marce. La centrale off shore per cui ha chiesto autorizzazione al largo di Mazara del Vallo ha un costo stimato di 2,3 miliardi di euro.
Oltre a quel progetto, poi, le varie holding di BayWa in Italia – sei in totale – hanno chiesto autorizzazione anche per altri maxi-progetti. Un esempio? Quello al largo di Scicli (Ragusa), che prevede l’installazione di 50 aerogeneratori per una potenza complessiva di 750 Mw. Ninfea Rinnovabili ha anche avviato l’iter di richiesta per un progetto al largo di Portoscuso, in Sardegna. Un parco eolico che comprenderebbe 34 pale off shore. Il colosso tedesco delle rinnovabili non è l’unica azienda interessata a investire nell’eolico in Italia. In Puglia, la sussidiaria italiana del gruppo spagnolo Acciona ha chiesto l’autorizzazione per due parchi eolici, che – cifre alla mano – diventerebbero agilmente i due più grandi d’Italia. Il primo, denominato «Puglia A», prevede 67 aerogeneratori da 15 Mw ciascuno, per una potenza complessiva di 1005 Mw. Il secondo, «Puglia B», da 930 Mw totali. Sempre in Puglia, la tedesca Dgm Global si è proposta di costruire un altro maxi parco eolico, da 675 Mw, al largo di Santa Maria di Leuca. Mentre in Sardegna, oltre al progetto su cui è al lavoro Ninfea Rinnovabili, sarebbero almeno tre le altre aziende in attesa di ricevere le autorizzazioni del ministero per altrettanti parchi eolici.
Gli obiettivi del governo e le resistenze locali
Sommando tutti questi progetti, la potenza complessiva dei parchi eolici che hanno chiesto il via libera del ministero dell’Ambiente negli ultimi mesi sarebbe di almeno 5,5 gigawatt. Una cifra tutt’altro che trascurabile, che forse potrebbe spingere il governo a correggere al rialzo gli obiettivi per il futuro. Il Piano nazionale energia e clima (Pniec), infatti, prevede solo 900 Mw di eolico offshore entro il 2030. Un traguardo che, se dovessero arrivare le autorizzazioni, sarebbe raggiunto facilmente da uno solo dei tanti progetti depositati negli scorsi mesi.
Sul tema dell’eolico offshore, però, continuano a esserci alcune resistenze, soprattutto locali. In Sardegna, per esempio, il Gruppo d’intervento giuridico – che si presenta come una «associazione ambientalista» – ha depositato quattro atti di opposizione ad altrettante richieste di autorizzazione per centrali eoliche off shore. «Essere a favore dell’energia prodotta da fonti rinnovabili non vuol dire avere ottusi paraocchi», spiega l’associazione sul proprio sito. In molti casi, le resistenze locali a questi progetti si devono soprattutto ad alcune caratteristiche tipiche dei parchi eolici in mare, tra cui l’inquinamento acustico, il grande spazio di cui hanno bisogno e, soprattutto, l’impatto visivo. Un problema a cui hanno provato a porre rimedio lo scorso dicembre anche Legambiente, Wwf e Fai, che hanno firmato un documento congiunto in cui si impegnano a lavorare insieme per coniugare transizione energetica e tutela del paesaggio.
Foto di copertina: UNSPLASH / NICHOLAS DOHERTY
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