Oscar 2023, quali sono i film con più candidature (e chi arriva già vincitore)
L’appuntamento annuale più atteso dai cinefili (e non solo) si avvicina: il 12 marzo avrà luogo la 95ª edizione degli Academy Awards, nella storica location del Dolby Theatre di Los Angeles. A condurre, per la terza volta, sarà il presentatore Jimmy Kimmel. Le candidature di quest’anno, osserva Variety, sembrano rispecchiare il successo al botteghino, includendo i film di maggiore incasso dell’anno: Avatar: The Way of Water e Top Gun: Maverick. Nonostante la star di quest’ultima pellicola, Tom Cruise, sia stato escluso dalla cinquina dei migliori attori. E come la sua, spiccano anche altre eclatanti assenze: non c’è, per esempio, nemmeno una donna tra i cinque candidati agli Oscar per la migliore regia. Per il riconoscimento in questione, concorreranno Todd Field (Tár), Daniel Kwan e Daniel Scheinert (Everything Everywhere All at Once), Martin McDonagh (Gli spiriti dell’isola), Ruben Östlund (Triangle of Sadness) e Steven Spielberg (The Fabelmans). Le ultime due vincitrici della categoria, tuttavia, sono state Jane Campion per The Power of the Dog e Chloe Zhao, con Nomadland.
I film con più candidature
Questa edizione degli Academy risulta dominata da Everything Everywhere All at Once, che troneggia sugli altri film in gara con ben 11 nomination, tra cui miglior film, migliore regia (firmata Daniel Kwan e Daniel Scheinert) e miglior sceneggiatura originale. Una selezione che premia anche i grandi ritorni, come quello di Ke Huy Quan, attore divenuto famoso da bambino per la sua partecipazione al film Indiana Jones e il tempio maledetto, che ha ottenuto una nomination come miglior attore non protagonista. Un trionfo inaspettato, se si pensa che qualche anno fa aveva deciso di lasciare la recitazione, convinto che la sua parentesi davanti la telecamera fosse giunta al capolinea. Nella rosa dei più nominati spiccano Niente di nuovo sul fronte occidentale e Gli spiriti dell’isola, entrambi a quota nove. The Fabelmans, l’ultimo film di Steven Spielberg, si accontenta di 7 nomination, che però coprono quasi completamente le categorie principali: miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura originale, migliore attrice protagonista, migliore attore non protagonista, migliore scenografia e migliore colonna sonora originale. Un bel riscatto dopo il deludente risultato del botteghino.
I più apprezzati (fin qui)
Delusione che la pellicola aveva dovuto subire anche in occasione dei prestigiosi BAFTAs, conferiti lo scorso 19 febbraio dalla British Academy of Film and Television Arts alle migliori produzioni cinematografiche del 2022. L’unica categoria che aveva preso in considerazione l’opera di Spielberg era stata infatti quella della miglior sceneggiatura originale, peraltro vinta da Gli spiriti dell’isola. Il premio per il miglior film era invece andato a Niente di nuovo sul fronte occidentale, che ha conquistato anche altri 6 premi Bafta. Ma la partita, a giudicare dai maggiori riconoscimenti nel settore cinematografico e televisivo con cui si presentano le pellicole in gara, è ancora aperta: The Fabelmans aveva infatti conquistato il titolo di miglior film drammatico ai Golden Globes, che avevano anche incoronato Spielberg miglior regista dell’edizione. Il riconoscimento lo ha reso anche il secondo regista più premiato nella storia del Globe, a pari merito con Clint Eastwood, Milos Forman, Martin Scorsese e Oliver Stone. Gli spiriti dell’Isola aveva invece trionfato nella categoria per il miglior film commedia o musicale e in quella per la migliore sceneggiatura, e al suo protagonista Colin Farrell era andato il riconoscimento di miglior attore in un film commedia o musicale. Una performance premiata anche a Venezia, che a Farrell ha conferito la Coppa Volpi al miglior attore. E che ha selezionato il già pluripremiato Martin McDonagh come l’autore della migliore sceneggiatura.
Gli spiriti dell’isola
A conquistare il cuore delle giurie è stato un film che ruota attorno all’amicizia tra due uomini nella remota Irlanda rurale. Un tema non banale, quello delle relazioni platoniche, e soprattutto delle relazioni platoniche tra due uomini, Pádraic e Colm, scontrosi e taciturni. Il loro rapporto si estrinseca combattendo con incomprensioni e capricci sullo sfondo di un’isola lontana dalla terraferma, in una comunità conservatrice e fortemente patriarcale. Siamo nel 1923, mentre gli strascichi della guerra civile irlandese persistono cupamente. È in questo scenario che, un giorno, Colm (Brendan Gleeson) decide improvvisamente di interrompere l’amicizia che da una vita lo lega a Pádraic (Colin Farrell). Il quale proverà a riconquistarlo con tentativi disperati, che avranno ripercussioni sull’intera comunità.
Everything Everywhere All At Once
Occhi inevitabilmente puntati anche sull’acclamata pellicola dei “The Daniels“, «instant cult» diviso in tre atti. Nel primo di essi, conosciamo la protagonista Evelyn (interpretata da Michelle Yeoh): una donna cinese immigrata in America che gestisce con molta difficoltà una lavanderia automatica assieme a suo marito Waymond (Ke Huy Quan). Il microcosmo abitato dalla coppia e dalla loro figlia Joy (Stephanie Hsu) viene sconvolto il giorno che Waymond rivela inaspettatamente un alter-ego aitante e tecnologico, annunciando a Evelyn che il mondo è in pericolo e che lei dovrà imparare a saltare da un universo all’altro per combattere. L’annuncio dà il via a vertiginosi salti in una serie di universi e vite parallele, raccontati con strabilianti escamotage visivi e citazioni pop, l’esperienza di un caos che permetterà alla protagonista di ricordare le cose della sua vita che contano davvero.
Niente di nuovo sul fronte occidentale
Il film, selezionato anche per rappresentare la Germania nella sezione del miglior film internazionale, costituisce la terza trasposizione sul grande schermo del romanzo di Eric Maria Remarque. Che costò all’autore l’esilio in Svizzera, e il rogo in pubblica piazza del testo per mano dei nazisti, i quali lo ritenevano colpevole di aver divulgato un messaggio pacifista. L’opera infatti non solo condannava la prima guerra mondiale, ma anche tutte quelle venute dopo, accomunate dalla medesima disumanità. La storia, riproposta nel film di Edward Berger, ruota attorno al giovane studente di una città tedesca, Paul (interpretato da Felix Kammerer), che viene convinto ad arruolarsi insieme ai suoi compagni in una guerra persa in partenza, che li conduce inesorabilmente verso una tragica fine.
The Fabelmans
L’opera di Spielberg non è soltanto la pagina autobiografica strappata da un diario, ma anche una lettera d’amore al cinema. Il titolo del film si riferisce al cognome del suo protagonista, il giovane Sammy Fabelman, un ragazzo cresciuto tra l’Arizona e la California tra gli anni 50 e 60. Sammy rimane folgorato dal grande schermo dopo che i suoi genitori lo portano a vedere il film Il più grande spettacolo del mondo (kolossal di Cecil B. DeMille): deciderà di imbracciare la videocamera per conquistarsi uno spicchio di quel mondo che tanto lo affascina, iniziando a girare i suoi film a casa, sotto lo sguardo di approvazione della madre che lo sostiene. La grande capacità narrativa di Spielberg trasforma un vissuto intimo in un’opera universale, riuscendo a comunicare con lo spettatore emozionandolo, divertendolo, e a tratti persino commovendolo.
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