Il padre della monzese che ospitava la 18enne uccisa da un mix di alcool e farmaci: «Ho provato a salvarla ma non ci sono riuscito»
A., 62 anni, professionista di Monza, è il padre della 17 enne in pericolo di vita dopo un mix di alcool e farmaci. La sua amica, la 18 enne Sara (il nome è di fantasia, ndr) è invece morta. A Repubblica l’uomo racconta cosa è successo quel giorno: «Ero sotto la doccia, mia figlia è arrivata e ha urlato: “Papà, papà, Sara (nome di fantasia, ndr), non si sveglia più. Sono corso in camera sua, le ho fatto il massaggio cardiaco per dodici minuti mentre ero al telefono con il 118, ho cercato di salvarle la vita». L’autopsia farà luce sui motivi della morte. Il sospetto principale è quello di un mix letale di alcol e farmaci. Durante il sopralluogo, la polizia ha trovato in camera delle ragazze due bottiglie di whisky e gin e degli psicofarmaci.
La storia
Lui nel colloquio con Sandro Di Raimondo ricostruisce i momenti successivi: «Dopo che mia figlia mi ha chiamato sono corso dalla ragazza. Ho sentito che era ancora calda, l’abbiamo sfilata dal letto e mi sono messo a farle dodici minuti di massaggio cardiaco mentre chiamavo il 118. Ho cercato di salvarle la vita. Ma non ci sono riuscito». Secondo l’uomo «forse la ragazza ha bevuto quei farmaci. Ma lo stesso psichiatra di mia figlia ha detto: neanche se beveva tre boccette, mischiate all’alcol, moriva. Io non lo so cos’è successo, magari aveva altri problemi e non lo sapevo». Poi rivela: «Lunedì mattina siamo corsi in ospedale prima di tutto per vedere come stava la sua amica. Quando ho saputo che era morta, ho chiamato la psichiatra che segue mia figlia. Mi ha detto: “La faccia ricoverare subito”. Così ho fatto, mi sono messo in coda e l’ho fatta ricoverare. Passerà tranquilla qui in ospedale i prossimi giorni, e io sarò più tranquillo a casa, sicuro che non succeda niente. Cos’altro posso fare?».
Niente festini
Infine, il professionista smentisce i festini: «Mia figlia in corpo non ha cannabis né alcol, niente. Quando esce con gli amici una birretta se la fa ma finisce lì. Chiedete in ospedale, non c’è un parametro che non vada bene nel sangue. Certo, lunedì mattina anche lei stava male, era sotto shock per quello che era successo. Le ho detto: “Vieni con me, andiamo in ospedale”. Volevo sapere come stava Sara. Quando ho scoperto che non ce l’ha fatta, mi sono messo in coda per fare ricoverare anche lei».
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