L’oro dell’Africa, lo sconto sulle partenze, l’alert di luglio: perché i russi della Wagner avrebbero un ruolo negli sbarchi dei migranti in Italia
I mercenari russi del gruppo Wagner hanno davvero un ruolo negli sbarchi dei migranti? Attualmente sono 20 mila gli sbarcati quest’anno: più del triplo rispetto allo stesso periodo del 2022. Ma i primi segnali dell’incremento risalgono alla fine dello scorso luglio. Quando l’impennata dei mesi precedenti era dovuta in massima parte all’incremento di arrivi dalla Libia. Non più da Tripoli, però. Da Derna e Tobruk. Che sono più “economici” rispetto agli altri porti di partenza. Quelli della Wagner sono presenti in Cirenaica a partire dal 2018. Per sostenere il generale Khalifa Haftar nella guerra civile contro il governo di Tripoli, riconosciuto dalla comunità internazionale. E nella conquista delle regioni meridionali libiche. Ma i mercenari russi sono segnalati anche in altre zone del continente. Dove in cambio del loro lavoro ricevono concessioni minerarie di oro e diamanti. Mentre il Cremlino incassa il suo dividendo strategico.
I mercenari di Mosca
Il gruppo Wagner si chiama così in omaggio al compositore tedesco Richard Wagner. Agiscono in Ucraina, dove criticano Vladimir Putin per lo scarso appoggio dato alle loro truppe. Sono intervenuti in Siria. Ma oggi agiscono anche in una dozzina di Stati africani. Dal 2017 il gruppo di Yevgeny Prigozhin opera in Sudan. Dove il dittatore Omar al Bashir si fa aiutare a reprimere le proteste popolari del 2019. In Repubblica Centrafricana si trovano dal 2018. Sono stati accusati di un massacro di donne in un villaggio. Anche in Mozambico e Mali le prime segnalazioni risalgono al 2018. E anche lì c’è chi li accusa di un coinvolgimento nelle stragi di civili. Il Messaggero spiega oggi che in Libia la Wagner presidia i pozzi petroliferi. Da mesi i servizi di intelligence italiani segnalano l’incremento delle partenze proprio da quelle zone. Secondo i nostri 007 è in corso una guerra ibrida che prevede la destabilizzazione della Libia.
L’allarme dello scorso luglio
Nel luglio scorso, a due mesi dal voto, il primo allarme. «La Libia – diceva una fonte definita qualificata dei servizi italiani – è un cannone puntato sulla campagna elettorale. L’immigrazione è forse l’arma più potente per chi ha interesse a destabilizzare e, dunque, a interferire sul voto di settembre». Oggi la partenza dalla Libia è scontata rispetto ad altre destinazioni: 5 mila contro 8 mila euro. Per questo, spiega oggi La Stampa, Giorgia Meloni ha chiamato i vertici dei servizi segreti a fare il punto a Palazzo Chigi con i ministri interessati. . E ha preso atto che questo boom di sbarchi che sta interessando da giorni l’Italia, per il ministro degli Esteri Antonio Tajani e quello della Difesa, Guido Crosetto, è in correlazione con una strategia dettata dalla Wagner. Prigozhin ha risposto smentendo tutto.
Il controllo del Sud
Nel governo c’è la convinzione che l’influenza russa sia un motivo in più per potenziare il controllo dei confini a sud dell’Europa. Come è già avvenuto a Est. Anche perché sotto i fondali delle rotte migratorie, nel canale di Sicilia e nell’Adriatico, sempre più battuti da navi russe, corrono i gasdotti, linee di comunicazione energetica strategiche per l’Italia e non solo. «Ue, Nato e Occidente – dice Crosetto -, sarebbe opportuno capissero che anche il fronte sud europeo sta diventando ogni giorno più pericoloso». Anche in quest’ottica si può leggere il ritorno di attualità dell’ipotesi di dare un ruolo di primo piano alla Marina nella sorveglianza marittima, stralciata dalla versione finale del dl varato a Cutro perché non c’era intesa nell’esecutivo.
Lo scontro
Ma nel governo c’è anche uno scontro su questo. Proprio per la preconizzata discesa in campo della Marina Militare. L’idea c’era già alla vigilia del varo del decreto Cutro. Ma, spiega ancora La Stampa, la Lega si è messa di traverso. Perché mettere nelle mani di Crosetto la sorveglianza sui migranti, seppure nei confini extraterritoriali, significa toglierla politicamente a Matteo Piantedosi. Che è considerato l’espressione politica di Matteo Salvini. Sarebbe, per dirla con un esponente del Carroccio, «come un pestone di Fratelli d’Italia sul nostro piede». La Lega invece punta allo smantellamento delle modifiche ai decreti sicurezza da parte di Luciana Lamorgese. Per tornare alla versione del Capitano. Ma l’idea dei pattugliamenti della Marina potrebbe finire sul tavolo europeo. Da tempo Palazzo Chigi chiede a Bruxelles il rafforzamento dei controlli delle frontiere marittime. Ora potrebbe essere la volta buona.
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