Question time, primo confronto Meloni-Schlein. La premier: «Il salario minimo non è la soluzione». La segretaria Pd: «Incapaci, insensibili e approssimativi»
Sono i primi due partiti per consenso presenti nel parlamento italiano, Fratelli d’Italia e Partito democratico. A guidarli, ci sono due donne. Giorgia Meloni, la cui foto è stata affissa una settimana fa nella Sala delle Donne di Montecitorio, in quanto prima presidente del Consiglio donna che l’Italia abbia mai avuto. Ed Elly Schlein, prima segretaria di genere femminile nella storia del Nazareno. Oggi, nell’Aula della Camera, le due leader si affrontano in un inedito confronto ravvicinato. La deputata Dem interroga la presidente del Consiglio su un suo cavallo di battaglia della campagna delle primarie, il salario minimo. Ancora, nella lista dei primati della politica che, in questo 15 marzo, si allunga, va detto che Meloni non aveva mai sostenuto un question time da capo del governo. E sono passati quasi cinque mesi dalla sua nomina. Schlein recupera una dichiarazione passata di Meloni per introdurre la sua interrogazione: «Lei qualche tempo fa ha definito il salario minimo uno specchietto per le allodole. Vada a dirlo a chi ha uno stipendio da fame. Mi stupisce che non vediate il nesso tra la denatalità e la condizione precaria delle donne. Perché non approviamo subito salario minimo e congedo paritario di almeno tre mesi? Aiuterebbe anche il lavoro delle donne, noi ci siamo».
Meloni, rispondendo a Schlein, ribadisce il suo giudizio negativo sull’introduzione del salario minimo: ritiene la misura ininfluente per risolvere il problema dei cosiddetti lavoratori poveri. «Chi ha governato fino ad ora ha reso più poveri i lavoratori italiani – afferma Meloni -. Questo governo deve fare quello che può per invertire la rotta. Abbiamo dato segnali in questo senso, dei primi passi verso l’obiettivo. Però, per raggiungerlo, in un contesto come quello italiano caratterizzato da una alta copertura della contrattazione collettiva e da molto lavoro irregolare, il governo non è convinto che il salario minimo sia la soluzione. Su questa materia, non ho un approccio ideologico. Ma il salario minimo rischia di fare un favore alle grandi concentrazioni economiche per rivedere a ribasso i diritti dei lavoratori. Io credo sia più efficace estendere la contrattazione collettiva a quei lavoratori per cui oggi non è prevista. Sui congedi parentali – conclude Meloni, dando un segnale di apertura -, sono sempre disponibile a confrontarmi».
La replica di Schlein: «Le emergenze per voi sono i rave, i condoni e colpire i figli delle famiglie lgbt»
Partendo dalle conclusioni della replica di Schlein, la segretaria del Pd attacca Meloni con tre dichiarazioni forti. La prima: «Rappresentate una destra ossessionata dall’immigrazione, ma che non vede l’emigrazione dei giovani italiani». La seconda: «Le emergenze per voi sono i rave, i condoni e colpire i figli delle famiglie lgbt». E infine: «Sul piano sociale dimostrate incapacità, approssimazione e insensibilità». Ecco la replica integrale della segretaria Dem: «Le sue risposte non ci soddisfano, signora presidente. Non è più il tempo di dare le responsabilità ad altri, adesso spetta a voi dare queste risposte agli italiani ed alle italiane. Non si nasconda dietro ad un dito, presidente. È vero, lei è in carica da soli cinque mesi, ma sta andando in direzione opposta e sbagliata. Siete la destra che è ossessionata dall’immigrazione, ma che non vede l’emigrazione di tanti giovani che sono costretti dai salari così bassi e dai contratti così precari a costruirsi un futuro altrove. Avete colpito e quasi cancellato “opzione donna”. I vostri veri punti di emergenza sono i rave, i condoni, la guerra alle ong, e da ieri colpite ideologicamente i diritti dei figli e delle figlie delle famiglie omogenitoriali, che hanno diritti come tutti i bambini e tutte le bambine che fanno parte della nostra comunità. Sul piano sociale, la vostra azione si definisce con tre parole: incapacità, approssimazione ed insensibilità, ma la vostra propaganda sta sfumando».
“L’intrusione” di Conte sul salario minimo
Pochi istanti prima che si consumasse il confronto tra Meloni e Schlein, la nuova leader del Pd che sta portando il partito a recuperare consensi nel campo di centrosinistra, un altro attore della stessa area politica si è introdotto sul dibattito del salario minimo. Giuseppe Conte ha diffuso la notizia che la proposta di legge del Movimento 5 stelle, che ha come prima firma proprio la sua, è stata calendarizzata alla Camera: «Vedremo chi è contrario, chi è per il sì, chi per il nì», ha scritto su Twitter il presidente grillino. «La nostra perseveranza ha pagato. Finalmente è stata calendarizzata in commissione Lavoro alla Camera la proposta del M5s sul salario minimo legale, a mia prima firma. Chiudiamo la stagione delle paghe da fame».
Il testo integrale dell’interrogazione depositata da Schlein
Al presidente del Consiglio dei ministri. Premesso che: sono tanti i lavoratori in Italia annoverabili tra i cosiddetti «lavoratori poveri», in contrasto con il principio sancito dall’articolo 36 della Costituzione; il Fondo monetario internazionale ha calcolato che dal 1980 al 2017 la quota del prodotto interno lordo destinata ai salari e stipendi è diminuita in 26 Paesi industrializzati, passando dal 66,1 al 61,7 per cento e, nel caso italiano, si è passati dal 68 al 59 per cento; l’Italia è l’unico Paese dell’area Ocse nel quale, dal 1990 al 2020, il salario medio annuale è diminuito (-2,9 per cento) nonostante l’aumento della produttività, sebbene meno significativa rispetto a quella degli altri Paesi dell’area; puntando sui bassi salari, il sistema economico italiano ha finito per attestarsi, salvo alcune lodevoli eccezioni, su modelli produttivi a basso tasso di innovazione e scarsa concorrenzialità sui mercati internazionali; il 30 novembre 2022 l’attuale maggioranza ha bocciato la mozione del Partito democratico finalizzata ad introdurre anche in Italia il salario minimo legale. A tutt’oggi, non risulta assunta nessuna delle misure indicate nella mozione approvata nella medesima seduta, quali l’estensione dell’efficacia dei contratti nazionali comparativamente più rappresentativi, il contrasto alla contrattazione pirata o assicurare retribuzioni dignitose anche nelle gare indette dalle pubbliche amministrazioni; lo stesso intervento di riduzione del cuneo fiscale si è rivelato del tutto inadeguato a migliorare significativamente le retribuzioni di milioni di lavoratori, con benefìci dai 19 ai 32 euro lordi al mese, ampiamente insufficienti a contrastare il solo tasso di inflazione; una famiglia di due adulti e un minore di età compresa tra i 4 e i 10 anni viene considerata «assolutamente povera» dall’Istat se sostiene una spesa mensile per consumi inferiore a 1.434 euro, un importo spesso superiore alla retribuzione di troppi lavoratori; in tale contesto, riveste una speciale gravità la condizione delle lavoratrici e dei giovani che, senza i dovuti servizi di sostegno alla genitorialità – basti pensare che il congedo paritario è ancora fermo a soli 10 giorni, contro i tre mesi della Spagna – o con inquadramenti contrattuali penalizzanti o l’applicazione indebita di forme contrattuali fintamente autonome, si vedono pregiudicata ogni possibilità di una vita indipendente ed economicamente dignitosa: quali siano le ragioni della contrarietà alla sperimentazione del salario minimo legale, tenuto conto della mancata adozione di misure alternative, nonché di interventi volti a migliorare realmente la condizione delle lavoratrici e dei giovani lavoratori, quali un significativo ampliamento del congedo paritario, coerentemente con le migliori prassi europee.
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