Giornata nazionale disturbi alimentari, in Italia 3mila morti all’anno. Le storie di chi lotta raccolte da Open in “Anime Affamate” – Il reportage
Sono i protagonisti di storie che non avrebbero mai voluto raccontare. Giovanissimi ma senza più visione di futuro, appena sbocciati ma con i corpi già diventati anziani, con la forza di reprimere ogni stimolo naturale al nutrimento e l’immensa fragilità di una salute mentale senza più controllo. Anime Affamate è il reportage di Open – presentato lo scorso anno in anteprima alla Camera dei deputati – su un’epidemia silenziosa che da anni colpisce la parte più tenera della società spesso nell’indifferenza di adulti che scambiano la sofferenza per un capriccio. Serena, Teresa, Luana e ancora Davide e Rossana, sono i nomi di giovani messi ai confini di un mondo che avrebbe dovuto aiutarli a conoscersi e superare solitudini e paure. E invece li tiene ancora da una parte, sottovalutando un dolore non curato e che per questo rischia di diventare cronico. A distanza di un anno dalla pubblicazione del reportage il quadro non è cambiato: l’emergenza sanitaria da Covid ha fatto esplodere un disagio che arrivava da molto più lontano e che la solitudine da lockdown e socialità mancata hanno aiutato ad alimentare, in un effetto domino che a distanza di tre anni non accenna a fermarsi. In Italia 1 giovane su 3 soffre di disordini alimentari, con aumento dei disturbi del +40% dal 2019.
I ricoveri poi sono saliti al +50%. Ragazze ma anche ragazzi cercano nel controllo sul cibo la rivincita su un’esistenza che non riescono più a gestire. «Non è un capriccio o una richiesta d’attenzione, diventiamo così perché vorremmo solo scomparire», spiega Rossana, 26 anni. «Un incubo che non avrei voluto mai vivere», continua Serena, 16 anni. Ogni anno in Italia si stimano più di 3mila morti per Dca. Nella classifica delle cause di decesso tra i giovani, i disturbi alimentari sono al secondo posto, soltanto dopo gli incidenti stradali. «Sei grassa perché sei golosa, mi dicono. Ma non è cosi. Lotto da anni con una depressione che non mi abbandona, ma sono troppo impegnati a giudicare»: Luana ha 17 anni e da almeno cinque vive le sue giornate in balìa del binge eating, una delle forme di disturbo alimentare più diffuse in assoluto. «Sono mesi che i nostri stipendi se ne vanno per provare a curarla», racconta Carolina, mamma di Serena, malata a 16 anni di anoressia nervosa.
Il viaggio di Anime Affamate nelle vite dei protagonisti racconta l’impatto della malattia sulle loro famiglie, sui fidanzati, sugli amici. Mette a nudo il potere spesso micidiale dei social, analizza le necessità di cura e di assistenza confrontandole con l’effettiva disponibilità su tutto il territorio nazionale. Spese enormi da affrontare, liste d’attesa infinite a cui aggrappare le speranze, medici sempre meno specializzati: la realtà del sistema sanitario nazionale appare in uno stato di profonda impreparazione alla grande emergenza psicologica delle nuove generazioni. «Non si muore di Dca ma di mancato accesso alle cure», spiega nel capitolo dedicato agli esperti una delle luminari italiane sul tema, la professoressa Laura Dalla Ragione. Questo è uno degli allarmi che a distanza di anni rimane tragicamente invariato: meno della metà delle regioni italiane hanno una rete completa di assistenza per i disturbi alimentari. L’iter per far entrare in modo definitivo le malattie della nutrizione nei Lea (Livelli Essenziali di Assistenza), passo che garantirebbe un accesso libero alle cure su tutto il territorio nazionale, è stato interrotto. «Mille promesse non mantenute e nel frattempo i giovani muoiono», conclude Stefano Tavilla, presidente della nuova Fondazione Fiocchetto Lilla e padre di una ragazza 17enne deceduta nell’attesa di entrare in una struttura di cura per la bulimia di cui soffriva da anni.
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