Cos’è il mandato di arresto della Corte Penale Internazionale e perché sarà difficile vedere Vladimir Putin alla sbarra
Il mandato di arresto che la Corte Penale Internazionale de L’Aja ha spiccato nei confronti di Vladimir Putin prevede che sia valido solo nel 123 paesi che hanno sottoscritto lo Statuto di Roma. Tra i quali non ci sono Stati Uniti, Israele, Cina e Ucraina. Senza l’arresto e la consegna il processo non si può svolgere. La decisione della Corte dell’Aia è stata salutata come storica da Volodymyr Zelensky. Mentre il Cremlino ha liquidato la faccenda definendo la mossa inaccettabile e senza alcun valore legale. Tra i giudici che hanno accusato ufficialmente Putin di crimini di guerra c’è anche un italiano. Si tratta di Rosario Aitala, 55 anni, originario di Catania. Ma in ogni caso è difficile vedere lo Zar alla sbarra. Anche se si recasse fuori dalla Russia, il paese ospitante potrebbe far valere il principio dell’immunità dei Capi di Stato esteri. Come successe nel 2015 con il presidente del Sudan Omar al-Bashir in visita in Sudafrica.
La russificazione e i bambini rapiti
La Russia ha smesso di riconoscere la Corte nel 2016. E in ogni caso non concede l’estradizione dei suoi cittadini. Quindi è molto difficile che il presidente russo e l’altra accusata, la Commissaria per i Diritti dei Bambini Maria Alekseyevna Lvova-Belova, vengano consegnati a l’Aja. Almeno fino a quando sarà in piedi l’attuale regime a Mosca. Putin e Lvova Belova sono accusati di «deportazione illegale di popolazione (bambini)». E di trasferimento illegale. I crimini sarebbero stati commessi in Ucraina a partire dal 24 febbraio. Secondo Kiev in totale potrebbero essere oltre 16 mila. Mentre la Corte ha parlato di centinaia di bambini prelevati da orfanotrofi e case di accoglienza. Alcuni appelli risalgono addirittura al 2014. La Commissaria qualche giorno fa aveva annunciato trionfante l’adozione di una 15 enne proveniente da Mariupol. Nell’aprile scorso si parlava di almeno 10 casi di bambini spariti.
Le storie
Alcune segnalazioni all’epoca arrivavano da Kiev, Irpin, Zaporizhia, Mariupol e Odessa. E c’erano anche 200 casi aperti e certificati di adolescenti spariti nel nulla, probabilmente rapiti. Di cui le famiglie, ancora vive, hanno denunciato la scomparsa. Un gruppo per i diritti umani della Crimea ha denunciato la scomparsa di 150-200 minori. «Trasferiti nella direzione di Donetsk occupata e del Taganrog russo», aveva detto all’epoca Olha Skrypnyk. Tra questi c’era Kira, 12 enne resa orfana dalla guerra. Kira aveva cercato di fuggire a piedi da Mariupol insieme alla compagna del padre. Ma dopo essere rimasta ferita nello scoppio di una mina, la 12 enne è stata portata in un ospedale a Donetsk. Controllata dai separatisti ucraini riconosciuti da Mosca. Che ha sfruttato norme che concedono la cittadinanza russa ai minori per inserirli in famiglie adottive. Una serie di ostacoli burocratici impedivano ai genitori di mantenere i contatti con i figli. Che alla fine sparivano.
Un processo difficile
Ma quello nei confronti di Putin rimane un processo difficile. Se non impossibile. Come spiega a Repubblica la professoressa Marina Castellaneta, ordinario di Diritto internazionale all’università di Bari, «è obbligo degli Stati parti sul cui territorio si trovi la persona nei confronti della quale è emesso il mandato di arresto eseguire il provvedimento. Gli Stati sono tenuti a cooperare per assicurare alla giustizia l’indagato». Al momento dell’arresto la persona deve essere tradotta dinanzi all’autorità giudiziaria competente dello Stato di custodia. Una volta consegnato alla Corte penale internazionale, è fissata un’udienza di comparizione dinanzi alla Camera preliminare. Ed è necessaria la convalida delle accuse prima del processo. Senza l’arresto e la consegna il processo non si può svolgere.
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