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Cosa succede con la fusione tra Credit Suisse e Ubs: i bond At1, il 16 miliardi evaporati e i rischi di stretta del credito in Europa

21 Marzo 2023 - 04:26 Redazione
credit suisse ubs fusione obbligazionisti cosa succede
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La cancellazione delle obbligazioni fa partire le cause. E chi ha in portafogli titoli simili teme di fare la stessa fine. Le banche hanno paura. E potrebbe innescarsi un nuovo credit crunch

Il conto del salvataggio di Credit Suisse qualcuno doveva pur pagarlo. E visto che Ubs si è “sacrificata”, la scelta di cancellare 16,3 miliardi di franchi di obbligazioni At1 era l’unica percorribile. Ma la decisione di salvare invece gli azionisti ha spiazzato gli investitori. E spaventato i mercati. Tanto da costringere Bce e Banca d’Inghilterra a prendere posizione. Ma il sovvertimento della gerarchia non sarà indolore. Perché chi è rimasto con il cerino acceso in mano minaccia cause. E chi ha in portafogli quei titoli (un mercato da 260 miliardi di euro) adesso teme di poter fare la stessa fine. Ma soprattutto: il rischio potrebbe trasferirsi velocemente alle altre banche. Compromettendo la loro capacità di collocare quel tipo di obbligazioni. Con riverberi scontati sulla capacità di fare credito sul mercato.

Cosa sono le obbligazioni “cuscinetto”

I bond At1 sono obbligazioni a metà strada tra capitale di rischio e debito. In circolazione ce ne sono per 260 miliardi di euro. In teoria dovrebbero rischiare l’annullamento solo dopo quello del capitale sociale. E quindi degli azionisti. Ma nel caso di Credit Suisse nell’ambito del salvataggio le autorità svizzere hanno deciso l’azzeramento dei bond insieme al “salvataggio” degli azionisti. Che riceveranno tre miliardi di franchi svizzeri. L’inversione della gerarchia tra azionisti e obbligazionisti faceva parte dei rischi presentati nel prospetto informativo era contemplata nel regolamento d’acquisto dei titoli. D’altro canto i bond sono definiti “cuscinetto” proprio perché hanno questa funzione in caso di discesa dei livelli di capitale di una banca al di sotto di una soglia determinata. La decisione della Svizzera è stata avvertita come un sovvertimento delle regole. Perché chi acquista un bond si sente sempre più sicuro rispetto all’equity. E siccome gli istituti sottoposti alla vigilanza dell’Eba al 30 giugno 2022 avevano emesso strumenti At1 per 113 miliardi di euro, ecco spiegato il panico sui mercati.

Le conseguenze del salvataggio

Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha parlato di banche europee solide e di rischi di contagio in arrivo piuttosto da paesi extra-Ue quale appunto è la Svizzera. I maggiori istituti italiani da Unicredit a Banco Bpm, da Mediobanca fino a Generali e Banca Generali, non detengono bond di Credit Suisse additional tier1. Vale a dire quelli il cui valore di 16,3 miliardi di franchi è stato azzerato nell’ambito del salvataggio messo in piedi dalla banca centrale svizzera. Mentre Intesa, Mediolanum, Unipol e Anima hanno una esposizione quasi nulla sugli At1. Intanto si discute sul salvataggio. Secondo Davide Serra, founder e ceo di Algebris Investments «Ubs ha fatto l’affare della vita. Mai nella storia una banca ha aumentato il proprio Nav (Net asset value) del 70% in una notte. Questo sarà molto positivo per tutti gli stakeholder di Ubs. Mentre la Finma, l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari ha certamente sorpreso con la modifica della legge fatta da un giorno all’altro e con il capovolgimento della seniority della struttura del capitale. Questo non è mai successo ed è chiaramente un errore politico molto spiacevole».

Le cause in arrivo

Ora, spiega Il Sole 24 Ore, si preparano le cause. «Quando un investitore acquista un AT1 sa di essere in basso nella struttura del capitale rispetto al senior. Ma presume di essere al di sopra dell’equity», ha detto ieri Steven Major, responsabile globale della ricerca sul reddito fisso di Hsbc riportato dal quotidiano. Intanto le obbligazioni AT1 di Deutsche Bank, Hsbc, Ubs e Bnp Paribas ieri hanno visto un crollo di 12 punti. «Il bail-in dei CoCo ATi è uno shock per gli investitori. Può essere visto come ingiusto, nel momento in cui gli azionisti recuperano 3 miliardi. D’altra parte, è completamente legale, descritto nel prospetto e discusso da Credit Suisse anche in una recente presentazione», ha detto invece al giornale Francesco Castelli, responsabile Fixed Income Banor Capital. Il prospetto degli Additional Tier 1 di Credit Suisse segnalava che, in caso di crack, i detentori di ibridi (Ati) non avrebbero recuperato alcun valore. A fronte di una ipotetica svalutazione gli interessi sulle obbligazioni cesseranno di maturare, l’intero importo nominale di ciascuna nota sarà automaticamente e permanentemente svalutato a zero, i possessori perderanno l’intero investimento nelle note…».

Il rischio credit crunch

Ma il punto è lo schema della risoluzione bancaria. Il quale, a differenza di quanto previsto nell’ordinamento europeo dalla Brrd, può prevedere la cancellazione degli At1 prima delle azioni. Mentre dal punto di vista del sistema creditizio c’è il rischio di compromettere definitivamente la possibilità per le banche di collocare questo tipo di obbligazioni. A quel punto, avverte Francesco Lenzi sul Fatto Quotidiano, le turbolenze di questi giorni potrebbero cominciare a far aumentare i costi dell’attivtà bancaria. Peggiorando la propensione a erogare prestiti alla clientela. Sia in termini di volumi che di condizioni. Così però si tornerebbe nella situazione di un credit crunch di fatto. Accompagnato dai problemi di bilancio legati all’aumento dei tassi di interesse. A meno che le banche centrali non cambino strategia. Fermando i rialzi dei tassi di interesse programmati fino alla fine del 2023. E tornando ad abbassarli. Per fermare il panico. Che è peggio dell’inflazione.

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