Accuse di frodi, riciclaggio e panic selling: cosa c’è dietro il crollo di Deutsche Bank
C’è una banca con 27,2 miliardi di ricavi e 5,7 di utili. Che nel 2022 ha fatto più profitti rispetto agli ultimi 15 anni. Una banca che annuncia di voler rimborsare in anticipo un bond subordinato Tier 2 da 1,5 miliardi di dollari. E proprio quella banca scatena il panico nelle Borse mondiali. E mette in croce l’intero comparto del credito. Con il conseguente aumento del costo delle protezioni assicurative contro il rischio default. La storia di Deutsche Bank è emblematica perché dimostra che nella crisi di fiducia nessuno è al sicuro. E che la reputazione oggi vale più dei conti. Come nel caso di Credit Suisse. Che non riesce a tranquillizzare i mercati nemmeno con l’annuncio di una fusione con Ubs. Perché se un istituto di credito è così potente qualche magagna potrebbe sempre averla.
La paura dei mercati
Sulla carta, spiega oggi La Stampa, i conti di Deutsche Bank sono a posto. I bilanci mostrano una solidità tutta tedesca. Ma dopo l’emersione di alcuni casi di riciclaggio e frode in cui erano coinvolti suoi clienti la Banca Centrale Europea e l’ente di vigilanza sul credito tedesco Bafin si sono dichiarati insoddisfatti del risanamento interno. Nel 2012 e nel 2018 la polizia ha effettuato perquisizioni nell’istituto alla ricerca di prove di riciclaggio e frode. Mentre all’epoca dei mutui subprime Deutsche Bank aveva venduto ai clienti i titoli “tossici”. Ricevendo una multa di 7,2 miliardi di dollari dalle autorità Usa. Poi sono arrivate le sanzioni per aver truccato i dati di Libor ed Euribor, i due tassi di riferimento da cui dipendono i mutui a tasso variabile. E il riciclaggio di 10 miliardi per conto di grossi e danarosi clienti russi. Christian Sewing, amministratore delegato da cinque anni, ha rimesso a posto i conti.
Riciclaggio e frode
Ma la banca non ha raggiunto gli obiettivi fissati dalle autorità sul riciclaggio se non al 50%. Per questo il Consiglio di Sorveglianza della banca ha decurtato i compensi degli alti dirigenti. Mentre è saltata l’ipotesi di fusione con Commerzbank. Il cui azionista di maggioranza è dal 2008 lo Stato tedesco. La Germania trema perché il suo sistema creditizio ha perso in generale valore e soprattutto fiducia. Anzi, secondo il Fondo Monetario Internazionale le banche tedesche sono le meno redditizie d’Europa. Perché pensano a massimizzare i risultati interni piuttosto che i profitti. A difesa del colosso tedesco è sceso in campo il cancelliere Olaf Scholz: «Deutsche Bank ha modernizzato e riorganizzato in modo sostanziale il modo in cui lavora ed è una banca molto redditizia, non c’è motivo di preoccuparsi».
Rassicurazioni senza soluzioni
Mentre «il sistema bancario dell’Ue è robusto e sicuro» e possiede «le strutture di controllo necessarie». Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente francese Emmanuel Macron, secondo cui le banche dell’eurozona «sono le più solide e in questo contesto abbiamo discusso di accelerare la creazione dell’unione bancaria». Mentre Christine Lagarde ha assicurato che la Bce segue da vicino la situazione sui mercati, pronta a intervenire in caso di necessità. Le banche europee hanno solide posizioni di capitale e di liquidità a fare da argine agli attacchi della speculazione, che si muove a suo agio in mercati poco liquidi come quelli dei credit default swap. Sui tassi Lagarde non si è legata le mani: in questo contesto di grande incertezza, la Bce deciderà di volta in volta in base alle condizioni finanziarie e macroeconomiche. Ma le rassicurazioni senza soluzioni non bastano.
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