Le solenni scuse del Guardian per i legami con la tratta degli schiavi: «Così i nostri fondatori sostennero un crimine contro l’umanità»
A oltre due secoli di distanza dai fatti e dal contesto in cui nacque, il Guardian chiede solennemente scusa per I suoi legami ancestrali con la tratta degli schiavi. L’autorevole quotidiano britannico ha pubblicato oggi, martedì 28 marzo, una serie di articoli che ricostruiscono in maniera circostanziata i legami che i suoi fondatori – in primis John Edward Taylor, mercante di cotone di Manchester e giornalista – intrattenevano nella prima metà dell’800 con la piaga transoceanica della schiavitù. Ad inchiodare Taylor e i suoi finanziatori, una ricerca indipendente commissionata nel 2020 e i cui risultati sono stati pubblicati oggi. La conseguenza, per il giornale icona dei progressisti ben oltre il Regno Unito, non può che essere uno: le più accorate scuse «alle comunità colpite identificate nella ricerca e ai discendenti in vita degli schiavi per la parte che il Guardian e i suoi fondatori ebbero in questo crimine contro l’umanità». Non solo: lo Scott Trust, la società proprietaria del giornale, ha anche offerto le proprie scuse per aver adottato in passato posizioni editoriali utili a sostenere l’industria del cotone, e in tal modo lo sfruttamento degli schiavi.
Progetti di giustizia riparativa
Il rapporto di ricerca – lo Scott Trust Legacies of Enslavement report – ha messo in luce come Taylor e almeno nove dei suoi undici finanziatori avessero legami con la schiavitù, principalmente tramite l’industria tessile. Taylor, riporta il Guardian, aveva interessi nella ditta manifatturiera Oakden & Taylor e nela compagnia di commercio del cotone Shuttleworth, Taylor & Co, che importava tonnellate di cotone grezzo prodotto da persone ridotte in schiavitù in America. Riconosciuto l’errore storico, il Trust ha annunciato l’intenzione di impegnarsi concretamente ora in direzione opposta, investendo oltre 10 milioni di sterline in un fondo di giustizia riparativa che servirà in primis a finanziare progetti nella regione di Gullah Geechee e in Giamaica nei prossimi dieci anni. Non solo: una parte dei fondi stanziati sarà utilizzata per finanziare programmi di educazione sulla tratta degli schiavi e le sue conseguenze oggi, così come sulla media diversity; e ancora per sostenere altre ricerche accademiche e per ampliare i progetti giornalistici cui si decida il quotidiano, con particolare attenzione alla copertura di fatti e fenomeni che riguardano le comunità nere nel Regno Unito, negli Usa, nei Caraibi, in Africa e in Sudamerica.
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